Chiamasi “TMO” (Television Match Official) l’arbitro di rugby che coadiuva, assieme ai due giudici di linea, il primo direttore di gara in talune gare di rilievo. La figura è stata introdotta per la prima volta nel rugby a 15 nel 2003 per aiutare gli arbitri a convalidare le mete segnate nelle situazioni dubbie, e da allora è usato in tutti i tornei internazionali più importanti. Due anni fa il suo utilizzo è stato consentito anche per prendere decisioni sui falli e sulle infrazioni difensive, comportando un significativo aumento delle interruzioni di gioco e, di conseguenza, di polemiche circa il suo abuso.
Il rugby è uno sport di situazione e i tifosi a volte dimenticano di quanto l’esito del risultato di una partita dipenda da singoli episodi di gioco. Da qui l’esigenza vitale di porre il direttore di gara in una condizione ottimale, tale per cui possa prendere quella che è, a suo modo di vedere, la migliore decisione, condizione che può anche sopraggiungere dall’ausilio tecnologico.
D’altro canto però l’arbitro, essendo un giudice a tutti gli effetti, è chiamato a svolgere un lavoro di interpretazione delle regole, il medesimo svolto da un magistrato di fronte ad un codice legislativo, e quindi a compiere una scelta e ad emettere un responso “umano”. La tecnologia è certamente fondamentale, ma bisogna evitare che diventi un sostituto dell’arbitro, che si trasformi in uno strumento invadente e rovini lo spettacolo in campo. Non è tutto oro quel che luccica.
Come mostra il grafico, la tecnologia al servizio del rugby è stata da sempre un cavallo di battaglia del suddetto sport, salutata fin da subito come un grande passo in avanti nella gestione delle partite, riducendo al minimo gli errori umani. Quello che il grafico non dice è che durante il primo weekend della Rugby World Cup 2015, ben il 28 % del tempo in cui il cronometro è rimasto fermo è stato a causa del TMO.
Il rischio connaturato di porre un’eccessiva fiducia nei riguardi della moviola in campo è infatti la perdita di autorità di colui che per statuto è chiamato a goderne di più tra tutti i protagonisti su un campo da gioco, ovvero l’arbitro. Nella fattispecie del rugby l’evoluzione dell’utilizzo del Television Match Official, ossia la sua estensione rispetto al suo impiego originario, ha portato molti giudici di gara sull’orlo di perdere il coraggio di assumersi la responsabilità di prendere una decisione, giusta o sbagliata che sia, senza dimenticare poi i tempi biblici, le incertezze, la distorsione che un’immagine al rallentatore dà rispetto a quella effettiva e infine la realtà dei fatti, cioè che l’uso del TMO non ha cancellato le polemiche riguardo le scelte arbitrali.
Perché a decidere se usare la moviola è sempre un uomo e perché a decidere cosa la moviola racconta è sempre un uomo. Che può sbagliare. Gli arbitri, come i giocatori, gli allenatori, i tifosi e i giornalisti, sono imperfetti. Diamo loro la possibilità di sbagliare.