A distanza di ventiquattro ore, fa ancora discutere la rocambolesca sconfitta di Fabio Fognini al terzo turno del Roland Garros. Da un lato l’amarezza per aver sciupato un’occasione irripetibile per avanzare nel prestigioso torneo parigino, complice il tabellone piuttosto favorevole, dall’altro la consapevolezza che i rimpianti cominciano a diventare troppi, rispetto alle vittorie, nella carriera dell’attuale numero uno azzurro.

Il talento non è in discussione. Fabio, soprattutto sulla terra rossa, è un giocatore in grado di mettere in difficoltà chiunque. Il problema, inutile nasconderlo, è soprattutto a livello mentale. Il copione del match di ieri contro Gael Monfils, degno di una rappresentazione teatrale, è stato purtroppo un deja vu. Per l’ennesima volta, Fogna si è reso protagonista di gesti inconsulti (dito medio al pubblico), discussioni continue con gli arbitri (i warning non si contano più), reazioni spropositate, racchette distrutte e atteggiamenti autolesionistici davvero poco comprensibili per un atleta del suo livello. E si è lasciato irretire dal francese che, ben conoscendo i punti deboli del suo avversario, lo ha fatto innervosire e, tattica estrema, nel quarto set ha fatto finta di essere praticamente morto, salvo riprendersi magicamente nella quinta e decisiva partita. Esattamente come era già accaduto nelle recenti sfide contro Dolgopolov e Klizan.

A questo punto, urge una riflessione seria e profonda da parte di Fognini e del suo staff. Bisogna cambiare registro in fretta, perchè continuare a perseverare, commettendo sempre gli stessi errori, potrebbe compromettere in modo definitivo la carriera del tennista ligure. A livello tecnico, anche ieri, Fabio ha dato la sensazione di essere superiore all’avversario. E allora bisognerà lavorare molto sulla psicologia del giocatore, perchè i passaggi a vuoto durante le sue prestazioni sono troppo evidenti e plateali per poter essere ignorati. Subire dieci break e commettere ottantuno errori gratuiti in una sola partita è francamente improponibile già a livello amatoriale, figuriamoci nel tennis professionistico. Senza trascurare la possibilità di programmare la stagione in modo più saggio ed oculato, tralasciando qualche torneo minore per privilegiare gli impegni più importanti: la precaria condizione fisica vista nel finale del match con Monfils è piuttosto indicativa in tal senso.

Il tennis italiano ha bisogno di un giocatore del calibro di Fabio Fognini. Speriamo che possa ritrovare presto la retta via, concentrandosi solo sul gioco e provando a colmare le lacune che ne impediscono la definitiva consacrazione.