Sono alcuni tra i simboli del calcio italiano degli anni ’90. Quel calcio con il quale è cresciuta una generazione che oggi vive di nostalgia e ricordi. Di maglie colorate, squadre italiane che vanno forte in Europa, la Sampdoria che sfiora la vittoria della Champions nella favola di Wembley, il Parma che vince la Coppa Uefa con Malesani, la Juventus di Lippi, l’Inter di Ronaldo e il Milan degli olandesi di Sacchi.

Ma oggi vi vogliamo portare indietro agli anni ’90 e mostrarvi 10 calciatori che hanno fatto la storia del nostro calcio, senza lasciare forse mai davvero il segno. Sono dieci calciatori, e non ci sono i vari Baggio, Ronaldo, Rijkard e calciatori di questo livello. Ci sono quelli che quando vedrete penserete a quel calcio. E a quanto era bello.

FAUSTINO (DETTO TINO) ASPRILLA
Tino Asprilla
Buffon si ricorda di lui per le dimensioni, e non parliamo di calcio. Arrivò al Parma all’inizio degli anni ’90 dalla Colombia, e fu pagato anche relativamente poco. Alla prima esperienza europea vinse due Coppa Uefa e fu il simbolo di quel Parma bello da vedere. Ricordi che oggi valgono doppio e fanno ancora più male.

MAURIZIO GANZ
Maurizio Ganz of Milan
Ha giocato in mezza Italia, con la costanza di un bomber d’altri tempi. Ha girato soprattutto la Lombardia tra Brescia, Atalanta, Milan e Inter. Propensione per il gol, senza perdersi in perle estetiche. Qualche anno fa giocava nella nazionale padana, poi ha abbandonato anche quella. Lo ricorderemo a braccia aperte, in Lombardia, dove si diceva che “el segna semper lu”.

ABEL BALBO
balbo
Qui abbraccia Totti in una delle tante partite giocate con la Roma. Di lui ricordiamo l’aver giocato nell’Udinese con Zico, poi nella Roma e successivamente nella Fiorentina (e un gol contro il Manchester United campione d’Europa). Tra una cosa e l’altra si laureò anche campione d’Italia con la Roma nel 2001, con pochissimi minuti giocati. La storia l’aveva già fatta.

ANDREA SILENZI
Andrea Silenzi
Il primo italiano a giocare in Premier League, il massimo campionato inglese. Chiamato “Il pennellone” per l’altezza: bomber vero, di quelli statici ma efficaci. Come ormai non se ne vedono più. Nella Torino torinista ha lasciato un buon ricordo, e con la maglia granata era a proprio agio: che fosse quella del Toro, della Reggiana o dell’Arezzo.

SANDRO TOVALIERI
Tovalieri
Attaccante soprannominato “il cobra”, simbolo di un Bari che andava forte prima in B e poi in A. Anche lui ha girato praticamente tutta l’Italia ma è diventato una bandiera biancorossa, e con i galletti, tra un trenino e l’altro, è stato anche capocannoniere di Serie A. La coppia con Igor Protti è da lacrimuccia.

ROBERTO MUZZI
Muzzi
Qui è con la maglia del Toro ma il meglio di sé negli anni 90 lo ha dato con la maglia del Cagliari. Debutta all’inizio del ’90 con la maglia della Roma, ma poi giocherà anche con la Lazio. Attaccante con una discreta presenza fisica e la propensione innata per la lotta in area di rigore. Sempre in cima alle classifiche dei cannonieri nei campionati degli anni ’90.

NICOLA AMORUSO
amoruso
Un altro di quelli che il gol ce l’ha nel sangue. Una carriera lunghissima, disputata in tanti posti diversi. Negli anni ’90 gioca anche la Champions League con la maglia della Juventus, ma il ricordo più nitido è quello che lo vede con il Padova arrivare ultimo in classifica ma realizzare 14 gol su 33 partite. Goleador giramondo.

KENNET ANDERSSON
kennet andersson
Qui con l’altro Andersson, Daniel. Fu uno dei simboli del Bologna che vinse l’Intertoto alla fine degli anni ’90. Giocò anche nel Bari. Attaccante di sfondamento, nel senso pure del termine: alto 1.93 m e magrissimo. Sguardo glaciale e poche parole. L’ariete.

MARCIO AMOROSO
amoroso
Capocannoniere nel ’99. Giocò con la maglia dell’Udinese, una delle più prestigiose degli anni ’90. Andò al Borussia Dortmund e con i gialloneri vinse addirittura un titolo di Germania. Non era un attaccante di quelli che si vedevano in quegli anni, era piuttosto “moderno”. Ma colpiva sempre.

DARIO HUBNER
CAMPIONATO SERIE A TIM 2002 2003 PIACENZA MILAN
Capocannoniere nel 2001-2002, fu uno dei simboli del calcio italiano. Di quel calcio silenzioso e lontano dalle telecamere e dagli idoli forzati che oggi monopolizzano l’attenzione mediatica. Tanto che ad oggi vive in una cascina ristrutturata, lontano dai ritmi frenetici della città. Con la maglia del Brescia realizzò 16 reti, ma le rondinelle scesero in B. Parentesi felicissima a Piacenza a fine carriera, ma gli anni ’90 erano finiti anche per lui.