Non il primo, ma l’ultimo di molti, questo però dal sapore decisamente più amaro. E’ la triste storia del Calcio Catania (fondato nel 1946), squadra sempre più prossima ad uno scenario ormai tragico, aldilà della sempre più probabile retrocessione in Lega Pro. Questo è quanto emerge dagli ultimi interrogatori in tribunale, con lo stesso presidente Pulvirenti che ha confessato di aver “comprato cinque partite, a partire da quella di Varese, al costo di 100.000 euro”, con l’aiuto e la complicità del Ds Delli Carri e Pablo Cosentino. Parole che la tifoseria siciliana, scesa a manifestare per le vie della città soltanto il giorno prima, mai avrebbe voluto sentire. Dalla quasi Europa League di due anni fa al mesto ritorno in Lega Pro, il passo si è rivelato breve. E la botta è dura da digerire, specie quando vieni da otto anni consecutivi nella massima serie.
Ma lo scandalo del 2015, in realtà, è soltanto l’ultimo di una lunga serie di misfatti capitati alla compagine catanese e ai suoi poveri e sfortunati tifosi. Sembra quasi una maledizione,un viaggio travagliato, come si potrà capire dalle prossime righe.
1948
E’ il primo scandalo del Catania, a soli due anni dalla fondazione del club etneo. La gara incriminata è, nel caso specifico Catania – Avellino, gara della Serie C 1947/48. L’esito, però, si rivelerà infine positivo. Ad una giornata dal termine del torneo, la Federazione accolse in ritardo un ricorso avverso al Catania per la gara contro l’Igea Virtus del girone d’andata, nella quale era stato schierato un giocatore squalificato. Ciò permise all’Avellino di agganciare gli etnei e di vincere poi il conseguente spareggio per la promozione. Ma i siciliani si rivolsero alla questura di Catania perché indagasse su voci di corruzione accusanti gli irpini. Le indagini diedero ragione ai rossazzurri, ma a questo punto intervenne la Lega Calcio che dichiarò invalido tutto il girone meridionale, in quanto affetto da molteplici irregolarità sia da parte dei corruttori avellinesi, sia da parte dei siciliani per la violazione della clausola compromissoria per aver adito alla questura, sia da parte delle varie squadre corrotte. Contro la deliberazione della Lega, che in pratica cancellava sia le promozioni che le retrocessioni, fece ricorso alla CAF il Catania, che vinse in appello. Ciò comportò quindi la rovina dell’Avellino, che se dalla Lega si era visto sì cancellare la promozione, ma almeno confermare la permanenza in C, dalla CAF si vide retrocesso in Promozione. Anche per i campani, tuttavia, nel 1950 arriverà un’amnistia con il conseguente ripescaggio.
1953
Iniziano i primi dolori legati al Catania, e questa volta in ballo c’è una promozione in Serie A, nella stagione 1952/53. La squadra etnea chiuse al secondo posto il campionato cadetto a due punti dal Legnano. Fu poi sporto un ricorso alla LNP chiedendo la vittoria a tavolino dell’incontro Padova-Catania (giocato alla penultima giornata, e vinto per 1-0 dai veneti) per intemperanze dei tifosi locali (un lancio di oggetti dagli spalti aveva ferito il guardalinee). Il ricorso, inizialmente accolto dalla Lega, fu poi ribaltato dalla CAF: il Consiglio Federale instaurò quindi una nuova Commissione, che ripristinò la decisione iniziale.
Il Legnano, i cui giocatori nel frattempo andarono in vacanza, dovette in fretta e furia disputare, il 28 luglio a Firenze, uno spareggio contro i rossazzurri, vinto poi per 4-1 salendo in massima serie.
1993
Dopo la retrocessione in C1 del 1987 (ed essere stata in A solo tre anni prima), il Catania rischiò più volte il fallimento. Nel 1993, un anno dopo il rientro di Angelo Massimino, Antonio Matarrese (allora presidente FIGC) respinse l’iscrizione di sette società, tra cui il Catania, alla Serie C1 1993-1994: il 31 luglio, la società (che aveva un deficit di bilancio di 5.987.000.000 lire) fu radiata. Si tratta della parentesi più nera del club etneo, in quegli anni economicamente precario, volendo usare un eufemismo. La società sarebbe dovuta ripartire dall’Eccellenza Siciliana ma fu ripescata nella D 1993-94 (girone I, in cui arrivò seconda). Il ritorno in Serie B arriverà solo 9 anni più tardi, al termine di uno spareggio thriller contro il Taranto.
2003
Quest’ultimo scandalo, invece, è forse il più ecclatante e portò prima al blocco dei campionati e poi ad una B allargata a ben 24 squadre. Il 12 aprile 2003, in Siena-Catania (coi toscani in odore di A, terminata 1-1),i primi schierarono Luigi Martinelli, nonostante quest’ultimo avesse giocato nel Campionato Primavera e poi squalificato. Riccardo Gaucci, presidente etneo, sporse ricorso alla CAF: perse in primo grado, vincendo però in secondo . L’assegnazione della vittoria a tavolino (2-0) garantì al Catania la permanenza in B, mentre la sentenza della CAF ordinò lo spareggio per la salvezza tra Napoli e Venezia. Più tardi, il CONI (consultandosi con la Corte di Giustizia Federale) ripristinò il risultato del campo e la conseguente classifica: un ulteriore appello presso il TAR di Catania restituì al club i due punti ottenuti a tavolino. Contestualmente, fu accolto un ricorso presentato dal Venezia riguardo la partita interna con gli etnei (giocata il 17 maggio, e vinta 2-0 dagli ospiti) per la posizione irregolare del giocatore Vito Grieco (che era in una posizione simile a quella del collega senese Martinelli) e che vide la retrocessione in C1 (comunque maturata sul campo) degli etnei. Quel che ne conseguui, è storia nota: ricorsi al TAR, rinvio del campionato di B e ripescaggi di Genoa e Salernitana. Nell’autunno del 2003 la giustizia sportiva diede ragione al Venezia, ma ormai era troppo tardi per escludere in rossazzurri dal torneo cadetto. Due anni dopo, sarà Serie A con Pulvirenti presidente. Ma questa è un’altra storia.