Non solo Totti, Toni e Di Natale, tra i nonnetti ancora decisivi del nostro campionato c’è anche il troppo poco considerato Franco Brienza. Cos’ha in meno il trequartista di Cantù rispetto ai vari Quaison, Kuzmanovic, Carmona, Suso, Joao Pedro, Iago e chi più ne ha più ne metta? Forse solamente qualche “k“, qualche “q“, qualche dittongo o dizione esotica. Certo l’età non è dalla sua parte ma a dire il vero Brienza nonostante abbia disputato quasi sempre stagioni di alto livello non ha mai avuto la possibilità di fare il cosiddetto salto di qualità. Non ha mai ricevuto la chiamata di una big nonostante abbia all’attivo ben 38 reti in Serie A, 27 in Serie B e innumerevoli assist oltre ai prestigiosi traguardi personali di ottavo giocatore più presente di sempre (219) in maglia rosanero e di migliore realizzatore nelle competizioni internazionali sempre del Palermo insieme ad Abel Hernandez (4 gol in Coppa Uefa).
Oggi le ennesima perle: una punizione magistrale da assoluto specialista e poi un prezioso assist di prima per Succi fornito con una naturalezza degna di un fuoriclasse a completare una rimonta fino a poco prima impensabile al Bentegodi e mantenere vive le speranze salvezza. Una vita da gregario? Assolutamente no visto che anche quest’anno con 6 reti e 5 assist in 21 presenze sta portando sulle spalle il peso di un Cesena dato per spacciato sin da agosto. Un trequartista puro, di quelli che non se ne vedono più, allo stesso tempo metronomo e faro del centrocampo emiliano, sempre pronto a dettare i tempi di gioco e ad illuminare a suon di giocate la manovra offensiva degli uomini di Di Carlo. Un grande giocatore dunque, anche se poco apprezzato, ma soprattutto un grande uomo. Basta vedere questo splendido gesto di fair play in un Palermo-Reggina del settembre del 2008 per spazzare via le critiche ricevute a seguito dell’inchiesta per presunte combine di partite ai tempi dell’Ascoli poi archiviata dalla Procura di Palermo.
Anche la Nazionale è stata solo un miraggio a parte due apparizioni in amichevole. Ormai però il dado è tratto: la bellezza di 36 primavere, una carriera tranquilla, non altisonante, di un giocatore che probabilmente non abbiamo mai apprezzato e conosciuto al 100 % se oggi siamo ancora deliziati dalle sue giocate, molti avrebbero potuto e dovuto accorgersene prima.