Il Milan riparte da Empoli, da quella città nella quale ci vive poco più della metà della gente presente a San Siro sabato sera per il big match contro la Juve. Ma riparte dal Castellani e da una squadra giovane e ostica la rincorsa del Milan ad un obiettivo che ancora non c’è.
Le prime due partite avevano forse illuso un po’, e sabato scorso è arrivata una retromarcia, dal punto di vista del gioco, incredibile. La squadra spigliata che giocava a viso aperto Sabato non c’è stata. Solo 11 calciatori intenti a difendere un risultato difficilmente difendibile, con qualche possibilità di ripartenza. Ma senza nemmeno crederci troppo, che non si sa mai. Un Menez lasciato solo a combattere tra tre maglie della Juve ed un centrocampo che ha rinunciato a giocare sin dal primo minuto.
Ma le prime due partite non avevano solo illuso. Ci avevano fatto vedere un buon Milan, con evidenti limiti difensivi mostrati dai gol subiti e da quelli che non sono stati subiti per miracolo, ma comunque una buona squadra. E qualcuno forse iniziava già a fantasticare sul motivo di Inzaghi come nuovo Conte. E questo Milan come la Juve di quel primo anno di Conte. Le premesse storiche c’erano, quelle attuali però mancano. E allora il Milan riparte da qualche certezza in più. La prima è che Juventus e Roma, soprattutto sul piano del gioco, sono ancora molto lontane. E se un pareggio casalingo contro la Juve sarebbe stato un risultato da festeggiare un motivo ci sarà. Perché il portiere del Milan al 60′ sullo 0-0 in casa non dovrebbe perdere tempo contro nessun avversario.
La seconda riguarda il gioco. E allora è una certezza, con una velata speranza. Che un Milan così brutto non si veda più. Perché il Milan deve giocare a calcio. Magari anche perdere, ma almeno provarci. E non solo quando l’avversario viene da una cittadina che è meno popolata di San Siro.