Tanto tempo è ormai passato da quel fatidico 9 luglio 2006, quando l’urlo di tardelliana memoria lanciato dall’allora palermitano Fabio Grosso, celebrò la quarta vittoria mondiale della storia. Da allora di giorni ne sono passati e tutti o quasi, hanno deciso cosa avrebbero fatto da grandi, inaugurando l’era degli “allenatori mondiali”.

ITALIANI, POPOLO DI ALLENATORI – Numerosi sono i reduci mondiali che hanno deciso di appendere le scarpette al chiodo dedicandosi alla carriera di allenatore, nel tentativo di esplodere come i nuovi “Guardiola” ma allo stesso tempo esportando figuracce più o meno gravi in scala mondiale.
Il più recente è Filippo Inzaghi, fortemente voluto dal Presidente del Milan, Silvio Berlusconi, per rilanciare i rossoneri, dopo la sua breve ma prolifica esperienza con la primavera del club. Avventura che in queste prime giornate ha regalato ai tifosi emozioni forti, forse anche troppo, innescando una parabola iniziata con il grande avvio di Campionato e scesa a picco dopo la batosta rimediata contro il Palermo. La colpa di questa sua crisi è probabilmente da attribuire a quel gioco di marchio “zemaniano” forse ancora più pericolante di quello originale o probabilmente alla sua assenza di esperienza.
Non manca però chi ha deciso di partire sì dall’Italia ma con una non inutile gavetta, come nei casi di Fabio Grosso allenatore della Juventus primavera, Simone Barone alla guida del Modena primavera e Massimo Oddo, mister della primavera del Pescara.

C’è anche chi potrebbe essere eletto come simbolo emblematico del disastro manageriale made in Italy. Stiamo ovviamente parlando di Gennaro “Ringhio” Gattuso, che dopo la deludente esperienza come allenatore-giocatore al Sion e quella altrettanto deludente, riassumibile come una “toccata e fuga” alla guida del Palermo, è riuscito, tra una comparsa nei fast food e l’altra ad essere chiamato ad allenare in Grecia, ottenendo come risultato delle dimissioni che solo l’inspiegabile sostegno dei tifosi greci è riuscito a fargli ritirare.
Un po’ quello che è accaduto allo sventurato Gianluca Zambrotta, allenatore del Chiasso nella serie cadetta elvetica ed attualmente settimo su dieci squadre partecipanti, con l’unica differenza che lui, almeno al momento non rischia il posto.

Non manca nemmeno chi, forte della propria esperienza da allenatore vincente (da play station o da salotto televisivo) è riuscito ad essere chiamato, per eccesso di fiducia o per raccomandazioni miste a miracoli, alla guida di club prestigiosi (per lo meno nei loro Paesi). È il caso di Fabio Cannavaro eletto come successore di Marcello Lippi (cioè di colui che in Germania la nazionale italiana l’ha guidata alla vittoria) sulla panchina del Guangzhou, chiamato a gestire la squadra campione di Cina, ma soprattutto dimostrando ancora una volta che allenatori si nasce, o per lo meno questo si crede…