25 anni fa. La gente picchettava il muro, buttava giù ciò che era rimasto della Guerra Fredda e sognava un mondo migliore. Un mondo nel quale il capitalismo aveva sconfitto il comunismo, per sempre. Poi avrebbe iniziato a sconfiggere se stesso, e a svuotarsi dall’interno, ma questa è un’altra storia. Una storia che la Storia di 25 anni fa non contemplava. Mentre il muro cadeva cambiava irreversibilmente la vita di molte persone. Sarebbe cambiata anche la nostra, di riflesso. E sarebbe cambiato il calcio dell’est, che avrebbe visto scomparire dalla cartine del calcio che conta alcune realtà che oggi tornano in mente come un lampo di nostalgia in un cielo più che mai sereno.

La Germania dell’Est era “l’altra Germania”. Più o meno era così per tutti, almeno quando si parlava di calcio. La sorella minore della ben più acclamata Germania dell’Ovest. La parte sfigata di chi dall’altra parte del muro vinceva i Mondiali. Eppure nell’unico scontro diretto tra le due Germanie vinse quella dell’Est. Un gol di Sparwasser, ad Amburgo, città della parte occidentale della nazione. In un mondiale, nell’unica partita che la Germania Ovest non vinse in quella competizione, andando a vincere anche la Coppa. Era il 1974 e ad Amburgo la Germania dell’Ovest incontrava la propria copia sbiadita dell’Est. Quella Germania che doveva stare in difesa e sperare di colpire, prima o poi. Quella Germania che riuscì nell’impresa, diventando la metà “vera”, almeno per una notte. Quella Germania che non giocava in casa.

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In Germania dell’Est il calcio si praticava, ma nessuno ci credeva. Era il tredicesimo sport nazionale, secondo la graduatoria degli investimenti del regime nelle discipline sportive. Era un qualcosa in più, uno svago. E ha regalato tante belle storie da raccontare. La Dinamo Dresda ha girato l’Europa mettendo paura a diverse formazioni ben più blasonate, e ha sfiorato anche la conquista di titoli europei. La FC Karl-Marx-Stadt, che oggi ha persino cambiato nome, ha scritto una pagina bellissima del campionato della Germania dell’Est, vincendo a sorpresa il titolo nel 1967. E poi c’è il Carl Zeiss Jena, e quella volta che arrivò in finale di Coppa delle Coppe. Era il 1981, e venne sconfitto dalla Dinamo Tblisi. In quello che oggi sarebbe stato definito derby sovietico. Il denominatore comune di tutte queste storie è il finale del 1989: un anno dopo la caduta del muro fu creato la Bundesliga, e molte delle squadre della Germania dell’Est sparirono nel giro di qualche anno, e oggi militano in serie inferiori. Portando sulla maglia un nome che per i nostalgici significa qualcosa in più di una città.

BFC Dynamo - Dynamo Dresden 3:1, Mannschaftsfoto

Il calcio nei paesi sovietici non è mai stato considerato uno sport importante. Eppure gli storici del tempo narrano della furia di Stalin per aver perso una finale delle Olimpiadi contro l’Ungheria. Nell’URSS c’era la Vyssaja Liga, la massima competizione nazionale russa. Ed era specchio diretto della volontà del regime: dal 1936 al 1960 hanno sempre vinto squadre con sede a Mosca, la capitale del vasto agglomerato di stati comunista. Poi ci fu la nascita del mito Dinamo Kiev, e l’affermazione di quest’ultima in diversi campionati. Il titolo inizia a girare vari paesi, arriva persino in Armenia, e qualcuno ricorderà l’Ararat Fowtbolayin Akowmb, che l’anno seguente (1975) diede filo da torcere al Bayern Monaco ai quarti di finali di Coppa dei Campioni.

La superpotenza sovietica però vinse un Europeo. Era il 1960 ed era la prima volta che si giocava questa competizione: era la Russia di Yashin, uno dei portieri più forti di tutti i tempi. Era un mondo sempre più diviso, era il pieno della guerra fredda mentre in Italia i partiti prendevano i finanziamenti e ringraziavano il boom economico. Era un calcio diverso, su cui ci sarebbe da scrivere. Di storie da raccontare, parallele alla Storia. Era il calcio prima del muro di Berlino, di quelle realtà che sarebbero poi scomparse con le picconate di quei giorni. E resta solo un velo di nostalgia.

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