La maglia rossonera numero 9 ha una storia piuttosto recente. Dalla stagione 1995-96, quando venne introdotto l’abbinamento fisso tra i giocatori e il loro numero di maglia, fino al 2000, la 9 appartenne al Pallone d’oro George Weah, periodo inframmezzato dalla modesta annata 1997-1998 di Patrick Kluivert. Nel 2000-2001 poi, a seguito della cessione del liberiano al Chelsea, avvenne il passaggio di consegne in favore di Gianni Comandini, vera e propria meteora del Diavolo, ricordato esclusivamente per i suoi unici 2 gol siglati nello storico derby dell’11 maggio 2001 vinto per 6 a 0. Dalla stagione seguente però il testimone passò ad un attaccante vero, che non si scrollerà di dosso quella maglia per ben 11 anni, fino al suo ritiro dal calcio professionistico, e con 126 gol in 300 partite infrangerà record su record ed entrerà di diritto nella storia del club e del calcio italiano e mondiale. Stiamo parlando dell’attuale allenatore del Milan Filippo Inzaghi, l’ultimo esemplare di una razza in via di estinzione, colpita da una maledizione funesta. Proprio così, perché da quel momento in poi solo flop.

Alexandre Pato nel suo epilogo in rossonero (2012-gennaio 2013) sceglie di passare alla maglia numero 9 dopo 4 anni e 61 gol con la numero 7 e, già moribondo, la maledizione finisce per abbatterlo definitivamente. Le 2 sole reti e il ripresentarsi di ripetuti infortuni muscolari nei suoi ultimi 6 mesi a Milan Lab lo inducono alla fine a tornare in Brasile. La maglia allora resta vacante e nel girone di ritorno, con una rimonta strepitosa, il Milan trascinato da Balotelli e compagni riesce a qualificarsi ai preliminari di Champions League. Nel settembre 2013 però riecco la 9 occupata. Questa volta tocca ad Alessandro Matri, il quale, voluto fortemente dal mentore Allegri, dopo diverse esperienze torna finalmente a casa per ben 11 milioni di euro. L’avventura rossonera però dura poco, nel mercato invernale dopo 1 solo gol in 19 presenze passa ufficialmente in prestito alla Fiorentina.

Nell’estate 2014 Pippo Inzaghi viene nominato nuovo allenatore rossonero in vista di una stagione annunciata come quella della rinascita e della rifondazione. L’obiettivo primario? Ripartire da calciatori giovani e affari low-cost, ma in realtà ecco i soliti parametri zero a fine carriera e gli ex calciatori di lusso. Super Pippo però, al momento della firma del suo primo contratto da allenatore, era al corrente non solo della complessità della situazione tecnica ed economica del Milan ma anche di questa che abbiamo definito come maledizione del 9, lui non ne è stato colpito a suo tempo, dunque o aveva un antidoto o ne è l’artefice. Fatto sta che il tecnico ha avuto un’intuizione geniale, risolvere il problema eliminandolo alla radice tramite l’espediente del falso nove per un Milan dinamico, imprevedibile e spumeggiante, quasi Zemaniano, senza punti di riferimento, a parte uno, la fragilità difensiva, vero e proprio marchio di fabbrica ormai da qualche anno, ma un attacco prolifico in fondo avrebbe potuto mascherarla. E invece no, perché è piovuto dall’alto Fernando Torres e ha rovinato tutto. Il suo lento e graduale inserimento nella formazione rossonera ha minato le fondamenta del nuovo stile di gioco, ha spedito fuori rosa Giampaolo Pazzini e causato i primi scossoni del nuovo capitolo Inzaghi. L’ennesimo 9 maledetto, una presenza ingombrante in un modulo che ormai non lo contiene, anzi lo rifiuta, come un tassello di un puzzle dell’Acropoli messo in quello della Tour Eiffel, un giocatore purtroppo ormai soggetto ad una inesorabile caduta libera che non trova appigli a cui aggrapparsi. Un consiglio per il futuro da uno scaramantico? O si ritira la maglia o si acquista un vero 9.