Capita a tutti i portieri di fare delle uscite a vuoto. Ad alcuni capita spesso, ad altri quasi mai. Ed è la linea sottile tra un buon portiere ed un estremo difensore capace di fare la differenza.

Morgan De Sanctis è uno che di uscite a vuoto nel rettangolo di gioco ne fa relativamente poche. Certo, ogni tanto scappa l’errorino, ma è nel complesso uno dei migliori portieri italiani, complice anche l’esperienza maturata tra Udinese e Napoli prima di arrivare alla Roma. Il vero problema di Morgan De Sanctis sono le uscite a vuoto nel terzo tempo. Davanti a telecamere e microfoni, quando un calciatore arriva a delimitare la propria personalità mediatica.

Qui Morgan De Sanctis, al contrario che in campo, esce a vuoto un po’ troppo spesso. Le accuse di ieri alla propria squadra sono quantomeno fuori luogo. Il Cska ha pareggiato contro la Roma all’ultimo minuto di recupero, su un’indecisione della difesa giallorossa, e su un pallone spiovente che ha beffato De Sanctis. Difficile stabilire quali responsabilità abbia il portiere sull’accaduto, essendo un caso limite, ma la responsabilità più grossa arriva ancora nel post-partita: “Colpa mia sul gol? Non ci provate, che mi arrabbio davvero. Non si può perdere una palla così a pochi secondi dalla fine”.

Sì, è vero. Non si può perdere una palla così a pochi secondi dalla fine. E non si può attaccare la propria squadra dopo aver pareggiato una partita importante in Champions League. Una frase del genere ci sta se viene espressa dalla critica calcistica, o dall’esterno. Non dall’interno. Non da chi probabilmente non ha ancora capito che dovrebbe difendere non solo i pali della propria porta ma anche la propria squadra. Soprattutto vista l’età e e l’esperienza. Ma a volte conta molto poco tutto ciò. Se le uscite a vuoto aumentano con il passare dell’età.