C’è un brutto vizio che ha spesso caratterizzato i tifosi della Roma: quando le cose vanno male, seguendo l’umore del momento, è capitato infatti che abbiano individuato un capro espiatorio. Nella maggior parte dei casi si è trattato di giocatori sbarcati da poco nella Capitale, ai quali in sostanza non è stato dato il tempo di dimostrare il proprio valore. L’esempio più eclatante in questo senso è sicuramente Ivan Helguera, 9 presenze nella Roma nel 1997/98, bollato come inadatto al calcio italiano e poi campione di tutto con la maglia del Real Madrid.
Nelle ultime due deludenti uscite ha fatto il suo esordio in maglia giallorossa Seydou Doumbia. Arrivato con un palmares di tutto rispetto e una media gol altissima in carriera, l’ivoriano sta però pagando a sue spese il lungo periodo di crisi della squadra di Garcia. I fischi al momento della sua sostituzione contro il Parma e i mugugni sull’occasione sprecata ieri contro il Feyenoord sono un segnale pericoloso per l’ambiente e lo spogliatoio. Certo, Doumbia non ha convinto nei minuti in cui è stato impiegato dal tecnico francese, questo è vero. Ma non dargli la possibilità di integrarsi in un nuovo Paese e in un nuovo campionato e di provare a esprimersi come è riuscito a fare in Svizzera e in Russia equivarrebbe a darsi la classica zappa sui piedi.
Da questo punto di vista il popolo giallorosso deve maturare. Perché se è vero che in campo ci vanno i calciatori, il ruolo della tifoseria, specie in una piazza calda come Roma, è fondamentale per tirare fuori il massimo dalla squadra. Non bruciare Doumbia, insomma, è l’unico modo per farlo esplodere.