Faceva caldo, caldissimo, quel martedì di 13 anni fa. Un 18 giugno davvero torrido, ore 15, tutti gli italiani erano incollati davanti alle televisioni per gli ottavi di finale di quel Mondiale del 2002. L’avversario è modesto, la Corea del Sud, nell’ambiente si avverte una certa fiducia. Gli azzurri sono riusciti a superare il girone da secondi tra mille difficoltà, aiutati e non poco nell’ultima giornata dalla sorprendente vittoria del fanalino Ecuador contro la favorita Croazia. Un’Italia nel complesso alquanto debilitata dagli infortuni e dalle condizioni non ottimali di molte sue prime donne come Totti, Inzaghi, Maldini, Nesta e Cannavaro, ma vittima dei clamorosi errori arbitrali subiti, cominciati già dai gironi con i due gol di Vieri e Materazzi ingiustamente annullati contro i croati, e quelli di Inzaghi e Montella contro il Messico.

Della serie, avevano già provato a buttarci fuori ma non ci erano riusciti, la fortuna aveva aiutato gli audaci. Quel fatidico martedì però gli italiani si svegliarono con una cattiva notizia: la Turchia, poi giunta terza, aveva eliminato il Giappone dalla competizione (Senes Erzik dirigeva gli arbitri dell’Uefa e non a caso per quella partita venne designato un fenomeno come Collina). Si iniziano dunque a formulare previsioni, forse più per scaramanzia che per altro, si vocifera che almeno uno dei due Paesi ospitanti debba necessariamente passare ai quarti, e con i nipponici buttati fuori dovrebbe toccare proprio ai coreani di proseguire il cammino mondiale. Si sa però come siamo fatti noi italiani, i brutti pensieri ci scivolano addosso nel momento in cui l’arbitro fischia il calcio d’inizio, anche se il direttore di gara è un bombolotto con la faccia da narcotrafficante.

Dopo 5 minuti il signor Moreno fischia un calcio di rigore per i padroni di casa a causa di una presunta trattenuta di Panucci, ma Gigi Buffon ancora una volta riesce a vincere la sfortuna per il trionfo della giustizia divina. I tifosi azzurri da casa si acquietano, lo spavento iniziale sembra passato ed al 18′ Christian Vieri ci porta in vantaggio con un colpo di testa nel sette. La gara prosegue a ritmi blandi, siamo noi a fare la gara ma ad ogni azione offensiva i nostri campioni vengono stesi duramente dall’ultimo pseudo-samurai di turno con calci in testa, gomitate ed ogni sorta di colpi proibiti. Si inizia ad avvertire un sentimento di paura, la gara diventa una caccia all’italiano, un incontro di sumo, e la regia asiatica si sofferma sugli evocativi striscioni sugli spalti gremiti “Benvenuti nella tomba Azzurri!!!“. Un’intera armata rossa intenta a saltare e ad incitare i propri semisconosciuti beniamini, quasi dei Davide già certi dell’abbattimento di Golia.

La seconda frazione di gara incomincia con queste sensazioni, tuttavia ancora una volta siamo indotti a sentirci più forti di tutto, dell’arbitro, dei gol mangiati, dei coreani, del sistema, siamo ancora in vantaggio. Al 7′ il famosissimo Kim Tae Young viene graziato del secondo giallo mentre i suoi compagni continuano a massacrare degli azzurri stremati. Manca poco al termine, manca poco all’apoteosi, all’87’ però Seol Ki-Hyeon approfitta di una dormita della coppia centrale improvvisata Iuliano-Maldini ed infila il nostro numero uno. Non ci voleva, si va ai supplementari, tornano a salire alla ribalta gli spettri, anche per quella regola del golden gol che in pochi già conoscono. Al 7′ del primo tempo un Francesco Totti colpito e affondato in piena area viene espulso per simulazione, il ct Trapattoni si va a sedere vicino a Robert Patterson, delegato FIFA alla moviola mascherata, riguarda l’azione e scaglia un destro rabbioso sul plexiglass che protegge un risoluto Walter Gagg. L’Italia resta in 10 ma non si arrende e a 5 minuti dal termine Tommasi lanciato a rete batte l’estremo difensore avversario ma viene fermato dal guardalinee che ravvisa un fuorigioco inesistente. Nelle case prendono forma la disperazione e lo sconforto e quando sembra ormai certa la lotteria dei rigori arriva la beffa, l’attaccante forse più scarso della storia del Perugia, Ahn Jung-Hwan, regala ai suoi il passaggio ai quarti di finale.

Gli spagnoli ci prendono in giro ed iniziano a preparare la loro sfida contro i “sorprendenti” padroni di casa, salvo poi assistere ad un altro ennesimo scandalo calcistico (gol annullati, falli durissimi e fuorigioco improvvisati) culminato con l’epico labiale di Joaquin e con la celebre prima pagina di AS. In Italia nel frattempo ci si lecca le ferite, si parla di dimissioni, di prestazioni imbarazzanti ma anche inevitabilmente di complotto guardando anche la prosecuzione di una competizione che sembra già scritta. La Fifa prova a salvare il salvabile: la Corea, per tutti già terza, non viene aiutata nella finalina contro la Turchia di Erzik, il Brasile, la compagine più forte, vince la competizione, ma la Uefa si rifiuta di commentare le insulse decisioni arbitrali prese contro Italia e Spagna, limitandosi a dare la colpa al guardalinee, nel nostro caso l’argentino Rattalino (di chiare origine italiane, forse per questo preso a mo’ di capro espiatorio), proveniente guarda caso da una delle delegazioni federali più vicine al boss Blatter, da sempre fin troppo attento all’esportazione del calcio (in realtà di capitali) nei Paesi del cosiddetto terzo mondo o semplicemente meno avvezzi alla tradizione calcistica. Il Mondiale fu senza dubbio troppo brutto per essere vero, con quella Francia detentrice del titolo subito eliminata, quell’Argentina e quel Portogallo fatti fuori, quel Senegal fin troppo esplosivo. Possono essere tanti i motivi, tutti però extra calcistici, la verità è una sola: ci sono poco gioco, divertimento e meritocrazia in questo mondo mentre ci sono fin troppa politica e giro di soldi tra diritti tv, sponsor e tangenti per l’assegnazione dei Mondiali, per una commistione di interessi vergognosa e spregevole. Basta pensare che la Corea aveva il presidente federale candidato anche alla guida del Paese, che l’ex vice presidente della Fifa, Warner, trafficò con i diritti tv e che Jeffrey Webb, uno dei due vice di Blatter arrestati, era a sua volta presente nella delegazione FIFA a Corea-Giappone 2002.