Una maglia azzurra con il numero quindici. Chi la indossa, corre e compie nove tocchi palla al piede: il primo di sinistro e gli altri, tutti col destro. Due avversari saltati con dribbling ubriacanti e portiere spiazzato. Il gol di Roberto Baggio contro la Cecoslovacchia non è semplicemente una rete come tutte le altre ma rappresenta un capolavoro stilistico difficilmente imitabile. Un gol così lo fai solo se sei Roberto Baggio o un fuoriclasse di pari livello. Ci era riuscito Maradona quattro anni prima con una serpentina spettacolare contro gli acerrimi rivali inglesi.

Nel 1990, c’erano le notti magiche che furono spazzate via da un’uscita a vuoto di Zenga (fenomenale per il resto del mondiale). Il sogno si interruppe con un terzo posto amaro, conquistato dopo aver raccolto ben sei vittorie ed un pareggio. Quel 19 giugno, Roby Baggio incantò la folla estasiata dell’Olimpico con un gol meraviglioso, di rara bellezza. Sono passati ventiquattro anni da quella perla: la Cecoslovacchia non esiste più e Baggio ha smesso da oltre un decennio di giocare. Ci manca molto: un campione sfortunato, perseguitato dagli infortuni. La sua tecnica e classe non hanno ancora trovato eredi degni del nome del “Divin Codino”.

Campione dei campioni,
aldilà di un rigore sbagliato o spedito nell’angolo. Quel tuo favoloso slalom e l’esultanza incredula rimarrano nel cuore degli italiani, per sempre.