Da qui a poco andremo a raccontare una notizia di chiaro stampo italiano. Ricordate il Totocalcio? Bene, la maggior parte dei lettori più in la con gli anni, passava intere giornate a pensare e ripensare a come fare il famosissimo 13. Bisognava indovinare il segno di tutte le gare (1 X 2) e il gioco era fatto. A parole è facile, ma i fatti, con il passare del tempo, hanno dimostrato che pronosticare senza errori la sfilza di partite era molto difficile. Il Totocalcio, comunque, causa nascita di tante agenzie di scommesse, è quasi sparito dalla testa dei tanti “giocatori”, intenti a puntare cifre esorbitanti anche su incontri in diretta. Il signor Martino Scialpi, però, difficilmente dimenticherà l’ormai ex passatempo dei calciofili italiani. Ma andiamo per ordine e ricostruiamo la vicenda raccontata dal Corriere della Sera. Il distinto signore, nel lontano 1981, compra una schedina in una ricevitoria di Ginosa, cittadina in provincia di Taranto, vincendo 1 miliardo delle vecchie lire.

Il signor Martino Scialpi con la schedina vincente
Il signor Martino Scialpi con la schedina vincente

Infatti, era stata indovinata l’intera sequenza dei risultati delle gare in programma. Martino, però, non sa che da quel momento in poi sarebbe iniziato il suo calvario. Il tagliandino vincente non è mai arrivato nell’archivio corazzato della commissione del Totocalcio di Bari per vari problemi. Addirittura, la ricevitoria nella quale è stata acquistata la schedina non era riconosciuta dal Coni, causa cambio di proprietà della stessa, con conseguente ritiro della licenza. Questo, però, Martino non poteva saperlo, il “pezzo” di carta da 1 miliardo di lire è stato regolarmente pagato, ma nonostante tutto non evita a lui stesso l’accusa per truffa, caduta immediatamente dopo una sentenza del Tribunale di Taranto arrivata nel 1987. Adesso, a distanza di 33 anni, lo “sfortunato” (è proprio il caso di dirlo) Martino, non ha ancora ricevuto il premio e il Coni, nonostante tutto, ha fatto sapere di voler tutelare il denaro pubblico dal tentativo di aggressione del signor Scialpi che all’epoca dell’acquisto era un giovanotto di 28 anni. E poi parlano della “Dea Bendata”