Di Stadi Olimpici nel mondo ce ne sono davvero tanti. A Roma, Parigi, Atene, Londra, Torino ed in tante altre grandi città d’Europa. Tutte in onore di manifestazioni sportive, le Olimpiadi appunto, capaci di richiamare l’attenzione mediatica ed il notevole flusso di sportivi ed appassionati di tutto il mondo. Mai nessuno, però, come la Germania, unico paese ad essere dotato di due olimpici decisamente fuori dal comune. Il primo, quello di Berlino, è tanto caro a noi italiani per la vittoria in Coppa del Mondo sugli odiati rivali francesi, ma ha visto anche il Nazismo esercitare la sua propaganda. Il secondo, invece, è quello di Monaco di Baviera: un autentico capolavoro di architettura moderna, nato dall’idea e dalla matita dell’ormai compianto architetto tedesco Frei Otto.

Ha fatto enorme impressione il recente decesso del tedesco, tanto nel mondo dell’architettura (aveva anche curato l’Expo di Hannover nel 2000 ed era stato insignito di tanti riconoscimenti, ultimo il Premio Pritzker) che in quello dello sport. Perchè quel mastodontico impianto bavarese, ha per anni rappresentato non solo la storia del calcio tedesco ed europeo, ma ha anche raccontato un pezzo importante di storia recente della Germania. Quando ancora era una nazione divisa e ferita, quando l’allora RFT cercava il punto di riferimento in un grande stadio degno di un grande territorio. Che non poteva essere rivisto nella piccola Bonn, capitale amministrativa sino al 1990. Cosi la Milano teutonica riparti nel lontano 1968 (anno di inizio dei lavori), dando al resto della Germania Federale anche un grande slancio economico e sociale. E non solo in vista delle Olimpiadi del 1972.

Una voglia di riscossa e di riscatto che non tardò a farsi sentire neppure in ambito sportivo. Come non ricordare l’epica finale del Mondiale 1974 tra i pragmatici uomini di Helmut Shoen ed il Calcio Totale degli olandesi di Crujuff e Rinus Michels? Ne segui un soffertissimo successo per 2-1 in favore dei padroni di casa, vent’anni dopo la prima coppa sollevata in Svizzera. Ma gli olandesi si sarebbero rifatti 14 anni più tardi, nella finale di Euro 1988 contro la già decadente Unione Sovietica, grazie anche ad un gol da cineteca di Marco Van Basten, sul quale nulla potè il comunque ottimo Rinat Dasaev.

L’Olympiastadion non ha però soltanto visto Mondiali ed Europei. E’ stata anche la casa del Bayern Monaco e del Monaco 1860 sino al 2005, ed ha visto ospitare ben tre finali di Champions League. Tutte storiche prime volte: la prima vittoria del Nottingham Forrest (1978/79), quella contestatissima del Marsiglia (1992/93) e quella anche del Borussia Dortmund (1996/97). Adesso l’impianto bavarese, com’è noto, ha visto emigrare le squadre della città verso la futuristica Allianz Arena, ma ancora oggi ospita eventi sportivi (e non) di vario genere. Il muro nel frattempo è crollato, la Germania è tornata unita, ma il cemento armato è rimasto sempre quello di una volta. Inossidabile, proprio come il mito del buon vecchio Frei Otto.