Una delle cose che mi piacciono veramente dell’Italia è il rumore dei nemici”. Così parlò José Mourinho nel 2009. Quelle parole, o meglio quella battagliera espressione, è rimasta nel cuore dei tifosi nerazzurri. E da allora, chi più o chi meno, ha provato a farla diventare un proprio motto.

Basta pensare a pochi mesi fa quando Antonio Conte, post-vittoria contro l’Udinese, rifacendosi al portoghese, rivelò l’importanza di avere nemici perché “più se ne hanno, più sei ritenuto importante”. Oltre al salentino, anche Walter Mazzarri, che sull’argomento, però, dribblò con un “lui è un grande allenatore, io sono umile e penso a lavorare giorno e notte”.

Adesso tocca a Massimiliano Allegri che in passato zittì Juventus e Marotta, dopo il torto subito per l’ormai famoso gol regolare annullato a Sulley Muntari, ed oggi dipendente bianconero. C’era una volta la coerenza, quella che il toscano ha dimostrato di non avere in questi primi mesi: “In 12 milioni tifano Juve – le parole riferite al Corriere della Sera -, gli altri sono del Milan, dell’Inter, della Roma e così via, ma tutti sono contro di noi. Ora me ne rendo conto”.

Ci ha messo poco ad ambientarsi nel mondo totalmente opposto a quello a cui apparteneva qualche mese fa. Dallo stile Milan, definito diverso (in meglio) da quello torinese, a quello tanto odiato, criticato e disprezzato in passato, sia dallo stesso allenatore, sia dalla propria compagna, Gloria Patrizi.

Si sa, per l’ambizione (e non solo…) si è disposti a tutto, anche ad andare contro proprie idee ed opinioni. Ma almeno che il signor Massimiliano Allegri eviti queste uscite da juventino sfegatato per accaparrare gli ultimi consensi dei pochi scettici rimasti. Perché, a sentirlo, sembra solo questo.