Il numero 70 non sarà mai un numero qualsiasi per Gigi Riva. Proprio oggi infatti, l’ex attaccante festeggia i suoi settant’anni in Sardegna, terra dello storico e memorabile scudetto conquistato clamorosamente a Cagliari. Quel tricolore non fu solo della città, ma di un’intera isola desiderosa di un riscatto dapprima sociale che sportivo.

Dopo quel 2-0 al Bari firmato proprio da Riva e da Gori, la Sardegna era in festa. Era il 1970. Pochi mesi dopo, insieme ad altri compagni scudettati (Albertosi, Cera, Domenghini), andò in Messico per giocare il Mondiale dopo la sfortunata esperienza inglese di quattro anni prima. “Rombo di tuono”, come venne soprannominato dal grande e indimenticato Gianni Brera, riuscì a conquistare la platea di tutto il globo con una rete di pregevole fattura, una delle più belle nella storia della rassegna iridata. Era la partita del secolo e coloro che erano all’Azteca, insieme a tutti gli italiani incollati alle televisioni nel cuore della notte, rimasero a bocca aperta vedendo la rasoiata mortifera dell’ala sinistra. Tre tocchi dolci, tutti col sinistro. La voce di Nando Martellini riuscì solo ad esclamare: “Riva, Riva, Riva. Ed é gol!”.

Del resto non avrebbe potuto commentare meglio quella magia, solo una delle tante di un campione senza tempo, del primo uomo capace di segnare abbattendo le leggi della fisica prima di Van Basten e Ibrahimovic. Gol come quelli realizzati a Vicenza contro la Germania Est con la maglia della Nazionale sono stati il suo marchio di fabbrica.

Campione non solo nel campo ma anche fuori, ed é giusto ricordarlo come team manager degli azzurri all’epoca di Sacchi, mentre consolava Roby Baggio in lacrime, dopo che aveva subito un infortunio che gli avrebbe condizionato la partita più importante della sua vita.

Oggi non lavora più per la Federazione. Si é voluta a capo del nostro calcio, gente che non possiede neanche lontanamente lo spessore di uomini come Gigi Riva. Uomini di un calcio che non c’é più e che non si vuol far tornare indietro.