3 giugno 2015. Mentre a Madrid Rafa Benitez versava lacrime di emozione alla sua presentazione sulla panchina del Real Madrid, a Napoli, 2160 chilometri di distanza, qualcuno ghignava e pochi nutrivano rimpianti. “Sono a casa, spero di vincere tanto”. Le prime parole di Rafa Benitez da allenatore dei blancos, non hanno fatto molti feriti nei cuori dei sostenitori partenopei: qualche core ingrato l’ha definito “allenatore da carriera fondata sui rigori”, pensando alla Champions vinta con il Liverpool contro il Milan. Non è propriamente così, ma nei fatti Don Rafè in Italia non ha incantato. A inchiodarlo sono i numeri: quinto come nel campionato 2011-12, il terzo e penultimo di Mazzarri. Resta il dato positivo dei 104 gol segnati come nel primo anno (70 in campionato, 4 in Coppa Italia, 2 in Champions, 26 in Europa League, 2 in Supercoppa italiana), ma troppi sono i 93 gol incassati in due anni, 16 i gol in più quest’anno (15 in più in campionato, peggio di Empoli e Chievo), le 38 formazioni cambiate su altrettanti incontri di A, oltre alle troppe sconfitte (11 di cui otto in trasferta) e i 15 punti in meno in classifica.
Siederà sulla panchina più pregiata del mondo, Benitez. Laddove ad Ancelotti non è bastata la “decima” per godere di credito illimitato. Laddove ogni sfida è decisiva, proprio l’aggettivo che il Napoli ha sofferto da matti quest’anno: da Bilbao allo spareggio con la Lazio, gli azzurri hanno fallito tutti gli scontri diretti e il quinto posto ne è stato il naturale esito. Rafa ha pagato il troppo turnover, una conduzione dello spogliatoio poco grintosa, una scarsa variabilità di scelte tattiche. Resta così in dote il topolino partorito dalla montagna: il successo nella Supercoppa italiana ai rigori, un paradosso per un Napoli che in campionato ha fallito cinque determinanti tiri dal dischetto (4 Higuain, uno Insigne), e le semifinali in Coppa Italia ed Europa League.
Ora gli tocca il Real: Benitez sarà il quarto allenatore nato a Madrid che guida il Real. Prima di lui Paco Brau (erano gli anni ’30 e ’40), il mitico Miguel Muñoz (9 campionati, 3 coppe del Re, 3 Coppe Campioni e una Coppa Intercontinantale in 14 stagioni) e la meteora Garcia Remon, tre mesi sulla panchina merengue nella stagione 2004-2005 al posto di Camacho. Torna nella squadra dove ha mosso i primi passi da calciatore (dai 13 ai 20 anni) e ha mosso i primi passi da allenatore, scalando piano piano le varie categorie giovanili (dal 1986 al 1995): buona fortuna e “scurdammoce u passato”, direbbero a Napoli.
(Twitter: @GuerraLuca88)