Dopo il sesto posto fallimentare dello scorso anno l’Olympique Marsiglia ha voluto cambiare guida tecnica e ha deciso così di puntare su Marcelo Bielsa. Tanto scetticismo e tanta curiosità sin dai primi giorni di preparazione per il curioso tecnico argentino, il quale ha spazzato via procuratori, amici, famiglie e successivamente anche le telecamere, e lasciato soli i giocatori immersi in allenamenti sofisticati e ossessivi. Poi il debutto in Ligue 1 contraddistinto da un pareggio per 3 a 3 a Bastia e la prima sconfitta nel turno successivo al Velodrome contro il Montpellier. La stampa francese inizia a punzecchiarlo ma El Loco risponde con i primi due successi rispettivamente contro Guingamp e Nizza. Arriva la sosta per le Nazionali e Bielsa ne approfitta per sfogarsi pubblicamente in conferenza stampa lamentandosi del mercato del presidente Labrune, reo di non aver portato nemmeno un giocatore tra i 12 indicati dal tecnico, dell’acquisto di alcuni giocatori (su tutti Doria) senza il suo placet e del modesto staff tecnico marsigliese, in particolar modo del parco osservatori. La stampa allora rincara la dose e questa volta non si limita soltanto a stuzzicarlo ma gli rifila attacchi e critiche feroci, si inizia dunque a parlare di esonero e di dimissioni. Marcelo però certo non si lascia intimidire e risponde come ha sempre fatto, a suon di risultati. E così ora il Marsiglia si trova in fuga in testa alla classifica con 22 punti in 9 partite (+5 sul Bordeaux secondo, +7 sul PSG), è reduce da 7 vittorie consecutive e possiede il miglior attacco della Ligue 1 (23 gol) e una delle migliori difese.
L’uomo delle finali perse
Dopo una modesta carriera da difensore conclusa a 25 anni, dieci anni dopo diventa l’allenatore più giovane d’Argentina con la sua squadra del cuore, il Newell’s Old Boys. Vince il Torneo di Apertura del 1991, il Clausura 1992 e perde la finale della Copa Libartadores dello stesso anno contro il San Paolo di un certo Cafu. A Rosario diventa l’idolo dei tifosi e gli viene affibbiato quel soprannome, il pazzo, che lo renderà celebre, in virtù dei suoi metodi di allenamento meticolosi, antichi e moderni allo stesso tempo, e a causa della sua scatenata corsa sotto la curva rossonera in trionfo per la vittoria del Campionato. Proprio in quel momento, all’apice della sua carriera da poco cominciata, decide inspiegabilmente di lasciare l’Argentina e di approdare in Messico, alla guida di Atlas e poi América. Torna in patria al Velez e vince di nuovo il Clausura ma nell’estate del 1998 passa all’Espanyol. Dopo qualche mese però gli si presenta un’offerta irrinunciabile, la panchina della Seleccion. L’albiceleste stravince il girone di qualificazione al Mondiale del 2012, ma esce clamorosamente sconfitta nella fase a gironi da Svezia e Inghilterra. Per Bielsa si tratta di un tracollo clamoroso, il tecnico scoppia in lacrime e la squadra gli giura fedeltà. Intanto però il Paese si divide e la stampa lo prende di mira. Due anni dopo però porta l’Under 23 alla conquista dell’oro nelle Olimpiadi di Atene e proprio nel momento in cui aveva riguadagnato la fiducia dei tifosi argentini, decide di dimettersi. Si tratta di un periodo difficile per El Loco soprattutto dal punto di vista personale e privato in cui scompare praticamente dalla scena calcistica. Nel 2007 la Federcalcio cilena gli offre la panchina della Nazionale. Bielsa, più maturo e più posato, coglie l’opportunità al volo e trascina il Cile al Mondiale in Sudafrica con un brillante secondo posto nel girone di qualificazione. Diventa una leggenda de la Roja grazie al passaggio della fase gironi dopo più di 50 anni di assenza, poi però deve arrendersi agli ottavi contro il Brasile. Un anno dopo a causa di alcuni dissidi con la Federazione si dimette dall’incarico. Gli argentini dell’Inter, Javier Zanetti in primis, dopo l’addio di Leonardo, provano a convincere il patron Moratti delle indubbie qualità del tecnico ma alla fine il 12 luglio 2011 diventa il nuovo allenatore dell’Athletic Bilbao. In Spagna raggiunge la finale della Copa del Rey e di Europa League entrambe purtroppo perse dopo una cavalcata straordinaria.
Pep Guardiola: “Bielsa è il miglior allenatore del pianeta, il suo gioco è a dir poco perfetto”
L’allievo Guardiola non è certo l’ultimo arrivato in questioni di qualità e stile di gioco, bisogna dargli credito. Eppure Bielsa, amatissimo dai colleghi, dai giocatori e dai tifosi, non ha mai avuto un rapporto facile con la stampa. Spesso in conflitto, criticato e attaccato, il tecnico ha risposto con una chiusura netta dei diversi organi di informazione dal suo ambiente (casa, famiglia, campo d’allenamento) e nelle sporadiche conferenze d’obbligo si dimostra spesso svogliato e poco collaborativo, sempre attento a pesare le parole. Potremmo dire quasi un alter ego di Mourinho. Il portoghese infatti è abilissimo nel fingere di ripudiare la stampa e nel sfruttarla a suo vantaggio. Una personalità complessa e un po’ bizzarra. Si raccontano decine e decine di aneddoti sul suo conto. Viene spesso lodata la sua capacità di osservazione dei singoli giocatori e della disposizione tattica, e si dice che ai tempi del Newell’s, essendo il campo di allenamento sprovvisto di tribune, fosse solito arrampicarsi su un albero con tanto di foglietti e appunti vari con una normalità e tranquillità divenute proverbiali. El loco è famoso inoltre per la sua grande abilità nel lavorare con i giovani e nel scoprire grandi talenti, basta nominare un certo Batistuta, ma anche Rafa Marquez e i diversi giovani dell’attuale Bilbao che ha di recente sconfitto il Napoli di De Laurentiis.
Rigenerare Marsiglia
Non era facile prendere in mano un Marsiglia praticamente da ricostruire. Sono partiti in estate Diawara, Jordan Ayew, Lucas Mendes, Morgan Amalfitano e un certo Mathieu Valbuena. Bielsa aveva chiesto giocatori come Manquillo, Isla, Montoya, Ocampos, Aurier, Tello e Stambouli e si è ritrovato con Alessandrini, Batshuayi, Barrada e Doria, certo non gli ultimi arrivati, ma non richiesti espressamente da lui, che nonostante vesta sempre e sola la tuta, ricopre e richiede esplicitamente anche il ruolo di direttore sportivo. Nonostante ciò nel giro di un mese i bookmakers si ritrovano dal preparare le quote del suo esonero a quelle della vittoria del campionato. Fa parte della sua carriera, anzi ne è una costante, e a dire il vero forse se ne compiace. El loco parte sempre in sordina, attira critiche e risponde alla grande. Primo posto e squadra rigenerata. Tra i pali il capitano Mandanda ha ritrovato la fiducia che aveva perso nelle ultime stagioni e che gli è costato il Mondiale in Brasile, N’Koulou si sta definitivamente affermando come uno dei migliori centrali d’Europa, Imbula, vero e proprio faro e tuttofare del centrocampo marsigliese, è uno dei prospetti più interessanti dell’intero panorama calcistico, Payet e André Ayew non hanno certo bisogno di presentazioni, l’enfant prodige Florian Thauvin è ormai un giocatore di caratura mondiale e Gignac, alleviato dal peso di ben 8 kg, sembra essere tornato il bomber che i tifosi avevano perso per strada e decisivo più che mai comanda la classifica marcatori con 9 gol in altrettante gare.
Modulo
Un modulo europeo come il 4-2-3-1, se fatto a dovere, permette di esprimersi a grandi livelli. Un pressing alto fino ai venticinque metri avversari, un gioco fatto di tagli e sovrapposizioni, un’intensità e uno stile che unisce sacrificio e protagonismo capace di tirare fuori sempre il meglio dai giocatori a disposizione.
Futuro incerto
Il Marsiglia deve ancora confrontarsi con le grandi della Ligue 1 e in particolare con il Paris Saint-Germain, ma la serie di vittorie sta infondendo grande fiducia in tutto l’ambiente. Bielsa nell’ultima intervista ha smorzato i toni, si è detto contento dei risultati e dell’atteggiamento della squadra, ma incerto se rimanere o no il prossimo anno. D’altronde El loco è fatto così, ha sempre trovato il momento in cui dire “basta, me ne vado”, e lo ha fatto sempre con tanta dignità e saggezza, tant’è che spesso lo ha fatto in un momento vincente. Lo stesso Marsiglia però dimostra di essere in certo sul proprio futuro. Un assetto societario da rivedere, dei contratti pesanti da rinnovare (Ayew, Gignac), dei giovani talenti che fanno gola ai maggiori club europeo (Thauvin, N’Koulou, Imbula) e una Coppa d’Africa in primavera che lo priverà di diversi giocatori importanti.
Ancora una volta Bielsa sembra aver vinto la propria sfida. I risultati sono sotto gli occhi di tutti, la stampa sembra uscire sconfitta dal duello ingaggiato col tecnico, i giocatori e i tifosi già lo considerano maestro e idolo. Personaggio complesso e contraddittorio, loco ma composto, generoso ma orgoglioso, che getta semi qua e là della sua idea di calcio e tocca a noi scovarli e farli germogliare perché lui, e forse lo fa a posta, non riesce mai a raccoglierli. Uomo del popolo e nemico dei media, estremamente convinto di se stesso, ha imparato ad esultare anche da solo in modo da smaltire velocemente la gioia del gol e a guardare sempre tutti da un gradino più in alto, anche sopra un frigo portatile con un buon caffè in mano.