Negli anni ’90, il calcio africano era considerato un prodotto sul quale puntare per il futuro. Fisicità, tecnica, velocità e spirito di squadra erano le caratteristiche che i coloured possedevano. L’altra fetta del calcio, che andava dall’Europa al Sudamerica, ammirava incredulo per una svolta che poteva arrivare da un momento all’altro. La svolta ci fu, considerati i Mondiali disputati in Italia nel 1990, che avevano messo in mostra una squadra come il Camerun, bello da vedere in qualsiasi partita. Era la nazionale che arrivò fino ai quarti di finale grazie alle reti di Roger Milla, bomber “vecchietto” capace di mandare in visibilio un intero Paese.
Successivamente, a Usa ’94 e Francia ’98, i progressi si notano ancora, per i meriti del solito Camerun e della Nigeria, vera sorpresa del Mondiale giocato negli Stati Uniti. Chi di voi non ricorda i vari Amunike, Yekini, Okocha, Oliseh, Ikpeba, “sfrattati” da quella competizione da Roberto Baggio, che sconfisse le “Super Eagles” con una doppietta ancora impressa nella mente di tutti gli sportivi italiani. In quell’occasione tanti saluti agli ottavi di finale, ma nonostante tutto grande soddisfazione per il risultato conseguito. Quattro anni dopo, con Camerun, Marocco e Nigeria, sono sempre le “Super Aquile” a tenere alto l’onore africano fino a un passo dai quarti di finale; in quell’occasione la Danimarca eliminò senza troppi fronzoli Kanu e compagni.
Da quel momento in poi, anche per un cambio generazionale mai avvenuto, nei successivi Mondiali nessuna compagine del continente africano, tranne Senegal (2002) e Ghana (2006 e 2010), riuscirono a qualificarsi per la seconda fase della Coppa del Mondo. Una sorta di delusione, se si considera la grande considerazione che il mondo aveva verso calciatori cresciuti in ambienti difficili. Adesso, in Brasile, con il disastroso Camerun già fuori, tocca a Ghana, Nigeria, Algeria e Costa d’Avorio cercare il pass per gli ottavi di finale. Un modo per far ripartire il calcio del continente nero…ancora una volta.