Porti tu il pallone?” “Ci vediamo alle 17 alla porticina?” “Chi ha gli zainetti per formare i pali?“. Erano bei tempi quelli di un calcio giocato per strada da piccoli, spensierati e senza risultati da conquistare.

Andatelo a chiedere a chi ha assistito alla partita Casette d’Ete – Pedaso, valida per la 13^ giornata del campionato Giovanissimi Provinciali girone I (seconda fase), andata in scena ieri mattina. Una placida mattinata di calcio giovanile, da vivere con spensieratezza con le famiglie sugli spalti e una rilassante giornata nel mirino? Niente di tutto questo.

Tutt’altro che piacevoli gli episodi che si sono visti in campo. Questo quanto si apprende dal comunicato ufficiale n.67 del 19 marzo. Il rapporto di gara racconta che l’arbitro al 32′ del secondo tempo interrompeva il gioco dopo che la sua attenzione veniva richiamata da urla provenienti dalla parte opposta del terreno di gioco rispetto all’azione che stava seguendo e che precipitatosi sul posto si avvedeva di un giocatore, titolare del Pedaso, il quale a terra urlava dal dolore che, secondo quanto riferito ripetutamente dall’assistente del Pedaso, era stato colpito con una gomitata al ventre da un giocatore di riserva della squadra avversaria. Tuttavia il direttore di gara non riusciva a verificare la veridicità dei fatti riferiti ne tanto meno ad identificare l’eventuale responsabile. Rilevata l’agitazione degli animi dei presenti tanto elevata da ritenere che i calciatori in campo avevano perso il senno e considerando che non vi fossero più le condizioni di sicurezza per i giovani calciatori e sopratutto ammettendo di aver perso la necessaria serenità per proseguire, decretava la sospensione definitiva della gara.

Il Giudice Sportivo ha attribuito sia al Casette d’Ete sia al Pedaso la responsabilità dei fatti descritti con precisione dall’arbitro, che hanno impedito la regolare prosecuzione della gara fino al termine. Pertanto la punizione sportiva deliberata è stata la perdita della gara nei confronti di entrambe le società.

A quell’età si dovrebbe giocare per puro spirito di divertimento e non per la vittoria a tutti i costi. Si dovrebbe giocare perché è bello stare assieme e conoscere nuovi amici. Si dovrebbe giocare perché lo sport è palestra di vita. A quell’età la vittoria più grande dovrebbe essere ridere e correre spensierati. In quella triste mattinata nella provincia di Fermo, purtroppo, così non è stato.