Giorgio Chiellini è uno che se vola in cielo ha due alternative: far male all’avversario o mettere la palla in rete. Il mondo di Giorgio Chiellini funziona così, ha poche mezze misure. E magari ha poca poesia a vederlo bene, perché non è aggraziato nei movimenti, quasi come quell’albatros di cui parlava Baudeleire riferendosi al poeta.
Ma Chiellini non è un poeta. Sembra tutto il contrario, ma nella sua storia c’è anche poesia. Quella di un livornese nato a Pisa, quasi come uno scherzo del destino. Nato e cresciuto, anche calcisticamente a Livorno. Nella storia di Giorgio Chiellini c’è la poesia di un terzino troppo brutto, tanto da diventare un bel centrale difensivo. C’è l’assurdo dell’essere poco apprezzato in Italia, quasi odiato da chi non è attaccato a quella maglia che ha deciso di portare addosso come una seconda pelle, ma stimato in Europa, da chi non guarda la maglia. E forse lo sopravvaluta, addirittura.
Chiellini non sarà un poeta ma è uno che la prima rete in bianconero l’ha realizzata in una delle partite più belle del calcio italiano negli ultimi 10 anni. Senza diretta-tv, perché era un terzo turno preliminare di Coppa Italia tra due squadre, Juve e Napoli, che in quel momento erano per un assurdo scherzo del destino entrambe in Serie B. La poesia di Chiellini sta in una doppietta, poco poetica per la verità, ad Arezzo. A pochi passi da casa, in uno dei giorni che passeranno alla storia della Juventus, per una promozione tanto storica quanto particolare. Dai contorni sfumati della poesia del sabato pomeriggio, del mettere uno squalo in un acquario. Per una stagione.
L’altra doppietta, l’ultima, Chiellini la fa in nazionale. Contro l’Azerbaigian. A Palermo, in una serata che apre, ravviva e chiude lui. Porta in vantaggio l’Italia, poi con un’autorete mette in discussione tre punti che sembravano sicuri, e poi la chiude. Di testa, con irruenza. In modo, come al solito, poco poetico. Ma vuoi mettere la poesia di una doppietta dopo aver fatto autogol? Per un centrale difensivo poi.
Chiellini è così. Un po’ calciatore, come tutti. Un po’ studente modello. Uno dei pochi nella Juventus a parlare correttamente l’inglese, uno dei pochi calciatori ad essere laureato. Che magari un’altra strada l’avrebbe trovata lo stesso, perché con la cadenza toscana, una simpatia innata e quello sguardo un po’ cattivo, sembra uno che ci sa fare nella vita. Non solo col pallone tra i piedi.
Un duro dal cuore buono, come spesso viene definito da compagni e amici. L’anti-poeta con una storia poetica. In alcuni tratti simile a quell’albatros, goffo per camminare, ma poderoso quando è in volo. Forse un po’ meno bello. E non me ne voglia Baudelaire, nè Chiellini.