“Vado così forte in salita per abbreviare la mia agonia.” Il ritratto perfetto di Marco Pantani è tutto in queste poche ma significative parole. Sul Pirata è stato detto e scritto di tutto, forse anche troppo,spesso a sproposito, andando a sconfinare tante volte in una mancanza di rispetto per il suo dramma che è stato umano prima ancora che sportivo. Ma nell’immaginario collettivo Marco Pantani è sempre quello scalatore formidabile che si alza sui pedali, getta via la sua inconfondibile bandana e fa il vuoto alle sue spalle; che non si guarda mai indietro; che doma le salite come se fosse la cosa più semplice e naturale di questo mondo mentre gli altri al massimo arrancano. E’ sempre quell’uomo che coniuga semplicità, spontaneità, naturalezza con un talento unico e immenso e che, proprio per questo, fa innamorare generazioni diverse di tifosi entrando nei loro cuori per non uscirne più. Marco ha tenuto milioni di italiani incollati al video in un abbraccio ideale, mettendo tutti d’accordo e regalando emozioni come forse nessuno ha saputo fare nel mondo delle due ruote.
Certamente ci sono corridori con palmares ben più nutriti. Ma per il suo modo di essere e di stare in sella, il Pirata rimarrà unico nella storia del ciclismo. Fortunatamente, aggiungiamo noi. Il 7 giugno 1998 Marco Pantani veniva incoronato a Milano re del Giro ma la vera impresa il campione romagnolo l’aveva già realizzata qualche giorno prima sulle asperità del Plan di Montecampione e noi vogliamo provare ad omaggiare il Pirata con un breve amarcord di quella giornata storica per il ciclismo.
In quella edizione del Giro il favorito d’obbligo sembrava essere Alex Zülle, uno svizzero che andava bene in salita ed era fortissimo nelle tappe a cronometro. Marco Pantani ed il russo Pavel Tonkov un gradino più in basso ma con buone chances anche loro. Ma il Pirata aveva già sfilato dalle spalle dell’elvetico la maglia rosa a Selva di Val Gardena e si presentava a Cavalese, per la tappa che avrebbe dovuto condurre la carovana rosa a Montecampione, con un vantaggio tutt’altro che rassicurante su Tonkov. Marco sapeva che in questa frazione avrebbe dovuto dare tutto, che avrebbe dovuto inventarsi qualcosa di speciale se avesse voluto conservare la maglia rosa fino a Milano. Bisognava fare la differenza lì. E all’inizio le prime scaramucce sono tra le squadre e i gregari dei due campioni. Il gruppo inevitabilmente si assottiglia e il Pirata subito piazza il primo allungo, secco, perentorio. Ma Tonkov non molla: immediatamente risponde all’assalto del romagnolo e resta a ruota. Come in un duello perfetto, rimangono soli al comando. Marco quasi sempre sui pedali, Tonkov quasi sempre seduto. Gli ultimi km sono un testa a testa emozionante, Tonkov non vuole lasciare un centimetro all’avversario e gli sforzi di Pantani sembrano essere vani. Ma il russo non ha fatto i conti con il cuore, il coraggio e la tenacia del Pirata. Che a poco meno di 3 km dal traguardo,con le poche energie rimaste, si alza ancora una volta sui pedali ed inesorabilmente si allontana dal suo rivale con quella sana follia di chi sa come giocarsi il tutto per tutto.
“Marco Pantani vince, trionfa, alza le braccia al cielo” sono le commosse parole con cui Adriano De Zan commenta l’arrivo del Pirata sul traguardo di Montecampione. E’ forse in quel momento che Marco Pantani è diventato il campione di tutti e per tutti, dipingendo uno degli affreschi più belli della storia del Giro e del ciclismo. Qualche mese più tardi il Pirata si aggiudicherà anche il Tour: sarà l’ultimo ciclista a vincere nello stesso anno Giro d’Italia e Tour de France.
Riviviamo l’impresa di Pantani a Montecampione