Da circa una settimana il tormentone nel panorama calcistico italiano ruota attorno ad Antonio Conte. Il tecnico della Juventus, fresco vincitore del suo terzo Scudetto consecutivo in bianconero, è dubbioso circa il suo futuro. Problema di soldi? Assolutamente no. Il dilemma va additato all’idea dell’allenatore salentino, voglioso di fare bella figura in Europa. Agnelli, Marotta e Nedved conoscono le condizioni di Conte affinché quest’ultimo rimanga sulla panchina della Vecchia Signora.
Il rinnovamento della rosa e l’acquisto di 4-5 calciatori in grado di fare la differenza anche in campo europeo, rappresentano il diktat dell’attuale trainer bianconero, desideroso di aprire un nuovo ciclo con la sua squadra del cuore. La stagione che si sta per concludere, malgrado l’ennesimo tricolore stravinto, ha lasciato l’amaro in bocca a quasi tutto il popolo juventino in virtù di magre figure al di fuori dei confini italiani. In Champions League, nonostante Istanbul, il pessimo terreno di gioco e la neve, la Juventus si è letteralmente divorata la qualificazione agli ottavi, pareggiando match da vincere.
A chi non vengono in mente le sfide di andata contro Copenaghen e Galatasaray, che hanno fruttato la miseria di due punti in altrettante partite? Dopo, in Europa League le cose non andarono diversamente, con il Benfica che, con due tiri in porta tra andata e ritorno, eliminò Buffon e compagni dalla competizione continentale, qualificandosi per la finale di Torino. Il problema della Juventus dunque, va ricercato nella mentalità, che deve essere ancora immagazzinata dopo anni bui dovuti alla retrocessione in B avvenuta nel 2006.
Dal suo ritorno in A, “Madama” si è aggiudicata per ben tre volte il campionato, dopo due anni di settimi posti che non lasciavano presagire nulla di buono per il futuro. Quel futuro, invece, radioso, grazie al meticoloso lavoro di Antonio Conte che, tuttavia, sbaglia a dare un ultimatum alla dirigenza bianconera. Il bravo allenatore 44enne, ormai lo sanno anche i cancelli di Vinovo, ha un chiodo fisso: cercare di alzare la coppa dalle “grandi orecchie” con la sua Juventus. Conte, però, anche con una rosa da urlo troverebbe difficoltà sul cammino verso il successo. In passato, trionfare in Champions League e in Europa in generale, era più facile.
Negli anni ’90, pensate, le squadre italiane arrivavano sempre a giocarsi qualcosa di importante. Dal 1989 al 1998, per ben undici edizioni le compagini del nostro Paese facevano la parte del leone, con Milan, Juventus e Sampdoria, che si giocarono l’ultimo atto della più importante competizione continentale grazie alla loro caparbietà e alla loro forza sul campo. Non esistevano i Cristiano Ronaldo, i Bale, i Ribery, bensì i Gullit, i Cole, i Solskjaer, i Keane, capaci di fare la differenza in qualsiasi partita. Dunque, chi cerca un paragone tra l’attuale Champions League e quella di 15 anni fa, sbaglia letteralmente modo di pensare. Quello era un altro calcio, fatto di sudore, pochi soldi e tanto sacrificio. Il nostro calcio anche nella vecchia Coppa Uefa dettava legge, con il Parma, la stessa Juventus, l’Inter e il Torino che si giocarono la possibilità di vincere il trofeo.
Bisogna capire che in passato si disputavano meno partite, sia in campionato che nel resto del modo, quindi l’allenatore aveva meriti, ma fino a un certo punto. Prendete come esempio Fabio Capello, molte volte finalista negli anni ‘90 con il Milan in Coppa Campioni, ma sempre eliminato negli anni 2000 con una Juventus stratosferica dopo i gironi. Quindi, Antonio Conte se vuole veramente rimanere in sella alla compagine bianconera può pretendere rinforzi di mercato, ma non calciatori pagati a cifre stellari. In fondo, l’Atletico Madrid, quest’anno, il Borussia Dortmund la scorsa stagione, hanno conosciuto la possibilità della finale di Champions League spendendo poco. Per info, chiedere al Real Madrid, finalista dopo 12 anni e tanti milioni gettati al vento.