Walter Mazzarri, allenatore Inter (foto tratta da sport.sky.it @Ansa)

Quattordici punti nelle prime sei giornate, frutto di due pareggi e quattro vittorie. Un’Inter sempre in gol, quella della passata stagione, che oggi si ritroverebbe ad un solo punto dalla Roma seconda. Usiamo il condizionale, perché il presente è totalmente diverso da quello dello scorso anno.

Otto punti su diciotto disponibili, già due sconfitte. Eppure, dalle prime uscite stagionali, quella di Mazzarri sembrava una squadra diversa, decisa, compatta e… vincente. Un mercato condotto da Piero Ausilio con genialità, che ha portato a Milano gente del calibro di Vidic, Dodò, M’Vila, Medel e Osvaldo. Ma soprattutto con uno zero nella casella della differenza fra entrate ed uscite, così come il FPF impone.

L’Inter arriva alla seconda sosta stagionale con dubbi, amarezza e delusione. Delusi soprattutto i tifosi, che non hanno mai particolarmente apprezzato tattiche e filosofie di gioco del tecnico toscano, ma che lo hanno sostenuto fino, almeno, alla scorsa domenica. Sono stati capaci di difendere l’indifendibile, abbassando il capo e tirando su le spalle, sperando in un domani migliore.

La pazienza, però, è finita. Come lo scorso anno, sono solo fischi. Certo, Mazzarri non è l’unico colpevole, la squadra “senza attributi”, così come lo stesso allenatore di San Vincenzo l’ha definita (e non ci volevano le sue parole per notarlo…), ci ha messo del suo, con errori imbarazzanti in difesa, con la solita leggerezza mentale a centrocampo, dove nessuno, forse a parte Kovacic, ha la voglia e la capacità di imporsi.

Ossessione 3-5-2. Sì, lo è per il tecnico nerazzurro, che proprio non riesce a cambiare modulo. Ogni tanto ci prova, ma sempre a partita in corso, sempre quando è costretto a farlo (come ieri). L’amore con i tifosi, che non dimenticano Stramaccioni e che ora sognano il ritorno di Mancini, non è mai del tutto nato ed ora sembra essersi inclinato definitivamente. E in realtà lo si era già notato giovedì durante il match di Europa League contro il Qarabag, dove, nonostante la vittoria, è arrivato più di qualche fischio.

Per non parlare della condizione fisica. E’ stata una preparazione diversa per il preliminare di Europa League, e va bene; l’Inter è tornata a giocare tre partite in una settimana, e va pure bene. Ma non si può trovare dopo una sconfitta la scusa del turnover: la Juventus è da due anni che gioca con gli stessi undici ogni partita, stesso discorso per la Roma che modifica di tanto in tanto il tridente offensivo. Una squadra intera, si fa per dire, stremata a terra con i crampi ad inizio ottobre non si può vedere.

A nessuno è stato chiesto di vincere lo scudetto. I tifosi nerazzurri hanno sempre chiesto “attributi” e cuore, onore per una storica maglia che solo quattro anni fa era sul tetto d’Europa e del mondo. Mazzarri ha fallito ed il suo tempo a disposizione è scaduto. Non ancora per la società, che gli concede forse un’ultima chance contro il Napoli: che senso ha esonerarlo in prossimità di eventi ravvicinati, quando ci sono quindici giorni di pausa?

Confusione, confusione generale. Intanto su Twitter persistente il #MazzarriVattene. E non solo sul Social Network.