Altro giro, altra corsa. La patata bollente del Parma Football Club è adesso nelle mani dell’imprenditore Giampietro Manenti, in quella che costituisce l’ultima scialuppa di salvataggio per il club ducale. La fatidica data del 16 febbraio (pagamento stipendi, ndr) si avvicina sempre di più, ma sono in molti a scommettere su un ennesimo bluff anche da parte dell’ultimo arrivato. D’altronde, le referenze negative sull’imprenditore lombardo sembrano non mancare.
Le ragioni dello scetticismo sono sostanzialmente tre. La prima, è quella legata alle diverse trattative di acquisizione sfumate – calcistiche e non – da parte dell’attuale patron gialloblù. Una su tutte, quella con Corioni ed il Brescia Calcio dello scorso Marzo: una trattativa che pareva ormai essere in dirittura d’arrivo, ma che al momento della chiusura non vide mai l’arrivo di capitali freschi da poter investire sul mercato. La seconda, forse più banale, è legata alla celerità ma soprattutto alla cifra simbolica con cui è avvenuto il passaggio di consegne tra Kodra e lo stesso Manenti. Un euro, poco meno di una colazione al bar tanto per intenderci, e senza i dovuti controlli di routine. La terza, invece, è legata alla solidità della Mapi Group, società di servizi di cui è proprietario. Ha sede in Slovenia, e come fatturato vanta pochissime migliaia di euro. Infinitamente meno rispetto ai 50 milioni da versare per il pagamento degli emolumenti.
La domanda dunque sorge spontanea: dove saranno reperiti i soldi per salvare il Parma? Al netto delle rassicurazioni del presidente sulle varie testate nazionali, questo fondamentale passaggio resta avvolto nel mistero e mai chiarito espressamente. E intanto la piazza ducale, con in testa tifosi e giocatori, comincia a spazientirsi. Ed in molti sono già pronti a fare le valigie. “La pazienza è finita” – ha tuonato Donadoni nei giorni scorsi, aggiungendo sarcasticamente “adesso voglio proprio vedere cosa succederà…”. Una prima fuga dal Tardini, ad onor del vero, si era già consumata con gli addii a gennaio di Cassano, Paletta, Munoz ed Acquah. Con in mezzo la cessione di Pozzi al Chievo per soli 1000 euro. Si prospetta dunque, salvo clamorosi colpi di scena, un destino amaro per uno dei club più blasonati d’Italia, un tempo isola felice anche del calcio europeo. A rimetterci ancora una volta, a distanza di soli dieci anni dal crack Parmalat, è una città intera passata nel giro di pochi mesi dal sogno Europa League al buio più totale.