Emanuele Rausa, calciatore italiano classe 95, ha iniziato la sua carriera nel Guidonia dove ha giocato sin da bambino. E’ cresciuto pian piano cambiano squadre fino ad arrivare in Serie D all’Amiternina Scoppito. Ecco l’intervista di Blog di sport al giovane ragazzo.

Emanuele, raccontaci in breve la tua carriera e come sei arrivato all’Amiternina Scoppito.
Ho iniziato da bambino giocando nel Guidonia, poi sono stato nella Cisco per 4 anni, poi alla Vigor Perconti per poi passare alla primavera del Crotone dove ho giocato un anno. L’anno scorso ho giocato con la Viterbese e quest’anno sono salito in serie D con l’Amiternina.

Quale di queste squadre ti ha aiutato di più a crescere?
A livello giovanile, per quanto riguarda le basi, la Vigor. Come calciatore invece sono cresciuto di più nella Viterbese, perchè mi sono confrontato con giocatori davvero importanti e di grande esperienza.

Quali sono le tue prospettive per il futuro?
Ovviamente mi piacerebbe ottenere un contratto in Lega Pro, ma per adesso resto con i piedi per terra.

E’ difficile trasferirsi spesso? Cambiare vita ogni volta, le amicizie.
In realtà così ti accorgi di quali siano i veri amici, quelli che resistono alle distanze. La famiglia mi segue, mi viene spesso a trovare e a vedere le partite. Inoltre mi piace trasferirmi. Tutto questo, poi, non lo faccio solo per me ma anche per i miei genitori perchè vedermi arrivare in alto sarebbe un sogno anche per loro, oltre che per me.

Parlaci un po’ della serie D.
La serie D è un campionato molto sottovalutato, ci sono calciatori che potrebbero tranquillamente giocare in Serie C o B. Ti fa crescere molto perchè hai modo di confrontarti con gente che ha maggiore esperienza. La nostra squadra è giovanissima, quindi possiamo solo dimostrare e basta.

Come procede il campionato?
Siamo 9° con 18 punti, un buon risultato contando che eravamo partiti per la salvezza. Per ora stiamo andando alla grande, solo che nel calcio non c’è niente di scontato, bisogna dare il massimo fino all’ultima giornata. Per me quest’anno è quello decisivo: o si sale, si diventa professionisti, oppure si pensa al futuro.

Parlaci della tua squadra.
Un ambiente fantastico, sembra che ci conosciamo da una vita, siamo tutti come fratelli. Essendo così giovani possiamo solo crescere e giocare ogni partita al massimo.

E la città? Come la trovi?
L’Aquila? Bhe è spettacolare come posto! Non è caotica come Roma, ti lascia i suoi spazi, è tranquilla e ti puoi concentrare solo sul calcio, davvero un bel posto per un calciatore.

Scontrarti con giocatori con maggiore esperienza o più grandi che effetto ti fa?
Mi stimola molto. Inoltre, se riesco a marcare un giocatore di categoria superiore o a metterlo in difficoltà, è una gande soddisfazione e significa che posso davvero fare qualcosa di più a livello calcistico.

L’anno scorso giocavi con la Viterbese, come ti sei trovato?
Sì, l’anno scorso giocavo in Eccellenza con la Viterbese ed ero titolare. Ho giocato 28 partite su 32, escluse quelle per infortunio o scelte tecniche. A livello calcistico è stato fantastico, abbiamo vinto il campionato, giocato contro gente che ha marcato i veri campi da calcio. Tutto quello che ho imparato, che mi ha fatto crescere, lo devo alla Viterbese. Viterbo non è una piazza poco esigente ma ne vale la pena, sicuramente l’anno prossimo troveremo la squadra in serie C.

Quanti tifosi contate alle partite con l’Amiternina?
Zeromila! La maggior parte dei tifosi sostengono L’Aquila, in Lega Pro, ma la nostra forza è la squadra, non il pubblico.

A chi ti ispiri quando giochi?
Ad Javier Zanetti, l’unico vero uomo del calcio e una delle poche bandiere. Oltre che per mio padre, ho iniziato a giocare a pallone per lui. Paragonarmi è impossibile, ma ispirarsi è un piacere. Ho conosciuto Zanetti di persona, grande calciatore e grande persona.

Cosa pensi dei giovani talenti italiani?
Sono più valorizzati nelle categorie minori come in Eccellenza e Serie D, e non nel professionismo. All’estero, ad esempio, succede il contrario. Se non fosse successo questo, forse il calcio italiano non sarebbe caduto così in basso. Ci sono squadre italiane, poi, che in realtà non sono italiane, sono stati persi i valori del nazionalismo. Giocare in nazionale, secondo me, è il traguardo più importante per la carriera di un calciatore.

Com’è il mondo del calcio visto in prima persona?
Lo stereotipo del calciatore con Ferrari e ragazze è assolutamente falso. Soprattutto nelle categorie più basse si vedono tutti i sacrifici e tutte le cose che si devono affrontare, ad esempio le raccomandazioni. Il sacrificio ci caratterizza dal primo all’ultimo giorno, devi rinunciare a cose che per qualcuno sono assolutamente normali come la vita sociale. Però non c’è cosa più bella che lavorare nel mondo del calcio, secondo me.

Grazie dell’intervista Emanuele. Vuoi lasciare un messaggio ai lettori di Blog Di Sport?
Un messaggio lo lascerei piuttosto alle autorità del calcio. E’ importante valorizzare i giovani italiani perchè è l’unico modo per far tornare il calcio italiano quello di una volta.