Era Rivera contro Mazzola. E oggi è Kovacic contro Honda. Una giovane promessa ed un ottimo uomo business, che adesso ha anche iniziato a giocare bene. Il duello tra numeri 10 è un ritratto fedele dell’evoluzione nel tempo del derby di Milano. Non è solo la nostra storia, la storia del calcio italiano e della città Milano nel calcio, è anche il segno di un decadimento più o meno incontrovertibile del calcio italiano. E delle milanesi su tutte: ridotte a squadre medio-grandi negli ultimi anni. Torneranno anni gloriosi, e numeri 10 veri. Ma oggi ripercorriamo amarcord la storia dei duelli tra numeri 10 nel derby di San Siro. E la magia del calcio meneghino, quando era quello che ricordiamo tutti.
Era Rivera contro Mazzola. Nei derby, quando San Siro aveva ancora due anelli e il calcio era un qualcosa di popolare ma meno ricco di oggi. Ed era duello anche in nazionale, con i sei minuti di Rivera rimasti alla leggenda della storia della maglia azzurra. Due che amici non lo saranno mai, per loro stessa ammissione, ma hanno contribuito a rendere grandi le proprie squadre. Erano gli anni ’60, l’Italia si cullava nel boom economico e Rivera e Mazzola facevano vincere la Coppa dei Campioni alle proprie squadre. Quella Coppa che adesso si chiama Champions e che in questa stagione non viene giocata da nessuna delle due.
E quella stessa coppa che 20 anni dopo vinse Ruud Gullit, numero 10 del Milan sul finire degli anni ’80, quando i numeri delle maglie non erano ancora fissi e un “99” in campo sarebbe apparso utopia. Dall’altra parte c’era Matthaus, e i due dividevano palcoscenico e trofei. Vinse due Coppe dei Campioni di fila Gullit, mentre il tedesco numero 10 dell’Inter vinse uno scudetto passato alla storia come quello dei record. E una Coppa Uefa dopo due anni. E i trofei passavano da Milano.
Sembra passata una vita anche dagli anni ’90, quando Milano, Juve permettendo, continuò ad essere la capitale del calcio italiano. Il calcio degli anni ’90 portò trasformazioni che ancora oggi influenzano il gioco più bello del mondo. Tra queste ci fu la scelta di mettere i numeri sulle magliette in maniera fissa. E l’Inter sul finire degli anni ’90 lo assegnò prima a Bergkamp e poi a Ronaldo, vincitore con quella maglia sulle spalle anche del pallone d’oro. Dall’altra parte il genio, Savicevic, autore di uno dei 5 gol che permisero al Milan nel 1998 di battere per 5-0 i cugini in Coppa Italia.
L’anno seguente cambiarono i due numeri 10 ma non il tasso tecnico: da una parte Boban, dall’altra Roberto Baggio. Due che col pallone sapevano fare davvero quello che volevano. Gli anni d’oro, quando il 10 passava di fenomeno in fenomeno. E poi toccò a Seedorf, allora nell’Inter, affiancarsi prima a Boban, poi a Rui Costa, che con quella maglia sulle spalle ha vinto anche una Champions League. Ebbe sorte diversa invece Seedorf, poco fortunato in nerazzurro, che decise di passare dall’altra parte di Milano. E, quando Rui Costa lasciò il Milan, toccò a lui la maglia numero 10. L’ultimo grande numero 10 rossonero, rimasto a Milanello fino al 2010. Dall’altra parte c’era Adriano, fino alla fine degli anni 2000. L’eterna promessa, che ricordando un altro numero 10, decisamente più famoso, realizzò un gol di mano proprio nel derby. E poi Sneijder. Era il 2009-2010: l’olandese arrivò a Milano a pochi giorni da un derby rimasto alla storia per il 4-0 in favore dei nerazzurri, che alla fine dell’anno andarono a vincere tutto. E la storia si è interrotta qui. To be continued.