Arriva la fine di un sodalizio storico nella storia del tennis: si tratta di quello tra Novak Djokovic e il suo allenatore Marian Vajda, che concludono un rapporto decennale fatto di grandiosi successi, grazie ai quali il serbo è riuscito ad issarsi fino alla prima posizione del ranking mondiale.

Un periodo avaro di risultati per il ventinovenne di Belgrado: quest’anno solo un trofeo in bacheca (il Masters 250 di Doha al debutto stagionale), ma l’ultimo titolo degno di nota risale allo scorso luglio, quando arrivò la vittoria al Masters 1000 di Toronto. Da allora, persa la prima posizione della classifica atp in favore di Andy Murray, sono arrivate soltanto delusioni e così, al termine del Monte-Carlo Rolex Masters, il tennista ha comunicato al suo staff la decisione, ponderata da tempo, di separare le proprie strade.

“Voglio ritrovare la scintilla che mi serve per vincere”, sono state le parole pronunciate da Nole per spiegare la sua scelta, convinto che quella che lui stesso definisce “terapia d’urto” possa funzionare e possa permettergli di ritornare al top e vincere di nuovo. Ringraziando quella che definisce una “vera famiglia” – oltre al coach slovacco Marian Vajda vanno ricordati il preparatore atletico Gebhard Phil Gritsch e del fisioterapista Miljan Amanovic – e ammettendo che senza di loro non avrebbe potuto raggiungere i risultati che sono arrivati in questi anni (li ha definiti “forza trainante e vento che gonfiava le vele”), assicura che con loro resterà una sincera amicizia anche in futuro.

Riguardo a chi sostituirà Vajda al suo fianco, Djokovic afferma che ha bisogno di un po’ di tempo per pensarci e che non vuole mettersi fretta. Al momento, dunque, avanti da solo, come già ha fatto più volte in passato Roger Federer e come stanno attualmente facendo l’argentino Juan Martin Del Potro e l’australiano Nick Kyrgios. Il primo torneo di un nuovo capitolo della sua carriera coinciderà con il Masters 1000 di Madrid, in cui dovrà difendere il titolo conquistato dodici mesi fa.