La vittoria del Sant’Elia è stato un fuoco di paglia. La Roma di Garcia non esiste più. O perlomeno non c’è più traccia della squadra che tutta Europa aveva imparato a conoscere fino allo scorso autunno. Il gioco espresso in velocità, negli spazi e a tamburo battente fino a qualche mese fa è infatti svanito, lasciando in dote una formazione abulica, macchinosa e decisamente involuta.

E se in generale il principale colpevole in situazioni simili è sempre l’allenatore, il tecnico di Nemours non sembra fare eccezione in questo specifico caso. In particolare l’ambiente giallorosso inizia ad imputargli precise responsabilità in seno alle scelte di formazione, alla gestione del turnover e alla dipendenza del suo gioco da alcuni interpreti, su tutti Gervinho. Nella sfida di oggi col Parma, ad esempio, in tanti si aspettavano di vedere in campo dal primo minuto Verde e Paredes, dopo l’ottima prestazione di entrambi in quel di Cagliari. Invece Garcia ha schierato Gervinho e Doumbia, reduci dal trionfo in Coppa d’Africa e con un solo allenamento effettuato coi compagni alle spalle. I due ivoriani non hanno portato sul rettangolo di gioco l’entusiasmo che ci si attendeva, ma sono sembrati piuttosto spenti e stanchi dopo i festeggiamenti. Probabilmente la verve dei giovani, poco utilizzati nonostante i grandi investimenti compiuti dalla società per metterli a sua disposizione, sarebbe stata più incisiva nel tentativo di scardinare la difesa dei ducali, oggi molto attenta e ordinata. Proprio i minuti finali della partita di oggi, insieme alla gara vinta a Cagliari, lasciano molti dubbi nell’ambiente giallorosso sul perché Garcia stenti a dare fiducia a ragazzi come Paredes, Sanabria e Ucan, arrivati nella Capitale con grandissime aspettative e relegati a ruoli marginali nella rosa giallorossa.

Mancanza di fiducia che ha costretto diversi giocatori a scendere in campo anche in condizioni fisiche precarie, aggravando una situazione relativa agli infortuni già abbastanza preoccupante di per sé. Anche questo punto controverso, tra l’altro, è ricollegabile secondo critica e tifosi ad una scelta dell’ex allenatore del Lille, quella di Paolo Rongoni, col lui anche al Le Mans, per il ruolo di preparatore atletico. Tantissimi i guai di tipo muscolare che hanno colpito i giocatori della Roma, così come era accaduto ai calciatori della Lazio durante la gestione Petkovic, che tra i suoi collaboratori annoverava proprio lo stesso Rongoni. Non c’è la certezza che i due fatti siano collegati tra loro, anche se il sospetto che lo siano è forte.

Ma la principale colpa di Garcia è quella di far dipendere troppo il gioco della sua squadra dai singoli. Non è un caso che Gervinho, nonostante non fosse al massimo della forma, è stato impiegato per tutti i 90 minuti contro il Parma: senza di lui la Roma non gioca in profondità e, peggio, non trova soluzioni diverse con cui esprimersi. La sensazione è quindi che il gioco spumeggiante dello scorso anno sia dipeso più dall’estro degli interpreti che da un’armonia corale comunque raggiunta dai giallorossi.

Il sogno scudetto è praticamente già sfumato per Garcia e i suoi, a metà febbraio. L’obiettivo principale, soprattutto in vista della prossima stagione, dovrebbe ora diventare l’Europa League, occasione per rilanciarsi e provare a conquistare davvero la dimensione da top club sul campo.