Sembrava quasi un film con un finale scritto due anni e mezzo prima: 230 calciatori sotto contratto, suddivisi tra società “satellite” come Nova Gorica (Slovenia), Ascoli e Gubbio (Lega Pro). Un disegno inintelleggibile, con cifre e protagonisti troppo “large” per un calcio in cui ristrettezze e conti alla rovescia la fanno da padrone. La location del film horror in corso oggi è quella di Parma, nell’estate 2012 stazione di sbarco e reimbarco per calciatori di ogni tipologia e qualità che subentravano nell’alveo del club ducale, oggi aeroporto di partenze meste durante il calciomercato invernale che è stato. Ha aperto le porte Antonio Cassano, seguito dai vari Paletta, De Ceglie, Acquah, Pozzi, Rispoli e compagnia cantante: alcuni li hanno chiamati “ingrati”, “fuggitivi”, tanti li hanno però applauditi, condannando la morosità, nel calcio e nel lavoro in generale.
Una diaspora figlia di una gestione sportiva folle e a cui nemmeno il cambio di proprietà ha restituito solidità: il neo-patron albanese Rezart Taçi oggi rispetta il suo cognome e tace dopo aver addirittura spiegato di essere stato vicino a Balotelli, gli stipendi sono una chimera e a farne le spese sono i tanti operai, dal magazziniere ai camerieri passando dai giardinieri, che vivono tanti mini-drammi personali. Stipendi bloccati e calciatori che mettono in mora la società, un’attualità nata dopo 30 mesi di bilanci ricchi di uscite e poveri di entrate, con alcune scelte cervellotiche ereditate dalla gestione-Ghirardi, volta alla maturazione dell’utopia di scovare il talento per far cassa e finanziare acquisti più onerosi: ragazzi presi da campionati minori, persino tra i dilettanti, e prestati in B e Lega Pro, senza tener conto del tetto ingaggi in B e del pagamento degli stipendi da parte delle società titolari del cartellino in terza serie. La Lega, consapevole, ha lasciato fare, rendendosi moralmente correa di una “morte assistita”.
Le avvisaglie di uno psico-dramma nel pallone si erano già avvertite in estate: prima l’Europa League che sfugge, poi la squadra che si indebolisce, infine il “taglio” dei tesserati da 230 a 130. I risultati? Sotto gli occhi di tutti, con pagamenti ai dipendenti saldati fino a dicembre e quelli ai calciatori fino a settembre. E tutti che attendono con trepidazione la tranche di pagamento del 16 febbraio: in Emilia intanto hanno dimenticato gli anni di Crespo, degli scudetti sfiorati, della Coppa Uefa vinta e sono tornati i fantasmi del crac-Tanzi. Il rischio fallimento, fa male scriverlo, è tutt’altro che aleatorio. Tempi grigi per una società che negli anni ’90 era stata in grado di imporsi in Europa e sfidare Juve e Lazio, Roma, Inter e Milan, e che oggi si trova con 9 punti (record negativo in Europa), un manipolo di coraggiosi calciatori rimasti per salvare il salvabile e un futuro difficile anche da immaginare.
(Twitter: @GuerraLuca88)