“Buffon, Thuram, Sensini, Cannavaro, Fuser, Chiesa, Crespo…” sembra ieri, ma invece è passata un’eternità da quel lontano 12 maggio 1999. E’ l’inizio di formazione di quel magico Parma targato Alberto Malesani, ultimo vincitore di quella che oggi è chiamata Europa League. Una competizione che per tutti gli anni ’90 è stata terra di conquista per molte delle formazioni di casa nostra, spesso e volentieri finite almeno tra le prime quattro. Un magico incantesimo quello dell’allora Coppa UEFA, che però proprio dopo quella trionfante serata moscovita si sarebbe spezzato definitivamente.

Il rapporto tra i club italiani e la coppa è oggi un po’ come quella principessa che aspetta il suo ranocchio, che baciandola spera possa convertirsi nella sua vera anima gemella. Un attesa duratura e persistente, testimoniata anche dai numerosi fallimenti di questi ultimi 16 anni. In poco più di tre lustri, solo quattro formazioni (Lazio 2002/03,Parma 2004/05, Fiorentina 2007/08, Juventus 2013/14) hanno quasi sfiorato il sogno di poterla rialzare, arrendendosi soltanto in semifinale. Un trofeo oggi rivalutato e considerato di grande importanza, alla luce di un Ranking Uefa che non ci fa sorridere. Questo succede anche perchè – soprattutto nella prima parte dello scorso decennio – mentre la maggior parte delle italiane imbottivano le proprie formazioni di seconde linee, le tedesche, le spagnole e le portoghesi ponevano le basi per superarci o addirittura doppiarci.

Ed eccole qui oggi, tutte insieme appassionatamente. Torino, Fiorentina, Napoli, Inter e Roma, nobile decaduta della fase a gironi di Champions League, pronte a dare battaglia a partire da questi 32esimi di finale. Se i Granata dovranno cercare di domare a casa propria il fascino del glorioso Athletic, i Viola fanno le prove generali per diventare una grande: ad attenderli c’è il Tottenham nel tempio del White Hart Lane, che solo qualche anno fa aveva estromesso dalla Coppa Campioni il Milan che fu di Ibrahimovic. Suggestione britannica anche per la Beneamata, attesa a Glasgow per la sfida contro il Celtic, in quella che può essere considerata una sorta di rivincita dopo la finale di Lisbona 1967, amaramente persa da Mazzola & co. Da non perdere nemmeno l’avventura in terra turca dei partenopei, attesi dal Trabzonspor (e dalla bolgia del minuto numero ’61…) e soprattutto quella dei giallorossi, feriti nell’orgoglio ma pronti a riscattarsi all’Olimpico contro il Feyenoord, a sua volta reduce da un rendimento poco esaltante in Eredivisie.

Con cosi tante compagini di casa nostra – e soprattutto molti talenti – viene difficile da pensare che nessuna di esse non possa arrivare fino in fondo a giocarsi il titolo. Da quest’anno, inoltre, vincere questa coppa porta nella grande Europa, quella abitualmente frequentata dai vari Bayern Monaco, Real Madrid, Chelsea e Barcellona. Uno stimolo in più insomma, da cui il prestigio del nostro calcio è chiamato a ripartire in grande stile. Sarà anche questa volta il caso di lasciar perdere?