11 Luglio 2010: finale dei mondiali sudafricani, Olanda-Spagna. Arjen Robben arriva solo contro Casillas, si allunga il pallone e sullo 0-0 spreca la più grande occasione dell’Olanda negli interi 120 minuti. Si appiccica addosso, quasi indelebile, l’etichetta del perdente, dopo aver perso nella stessa stagione anche la finale di Champions League, contro l’Inter del triplete.
14 Giugno 2014: ironia del destino, o chiamatela come volete, ma Olanda e Spagna giocano la prima partita del mondiale brasiliano l’una contro l’altra. Robben ricomincia da dove aveva lasciato, e realizza una doppietta in un 5-1 che ha il sapore della vittoria storica per gli orange. La vendetta è servita.
Se è vero, come dicono i saggi, che la vendetta va gustata fredda, forse questa è freddissima. Un po’ troppo, e non paragonabile alla gioia di una finale vinta ai supplementari, ma c’è e tanto basta. L’Olanda ha messo per strada la Spagna, l’ha fatto con una partita quasi perfetta, dopo esser persino passata in svantaggio. Il risultato così tondo dà alla sconfitta spagnola il retrogusto dell’umiliazione. E qualcuno già sentenzia: è finito il grande ciclo della ‘roja’.
In tutto questo c’è chi ha scritto la propria favola: Arjen Robben. Quanto l’hai aspettata Arjen? Tanto, forse troppo. Per un calciatore forte, fortissimo, ma spesso sfortunato. E quante volte di notte hai sognato quel gol sbagliato in finale, Arjen? Da oggi, forse, puoi dimenticarlo. L’olandese ha avuto la sua rivincita: è imprendibile per una gara intera, poi segna due gol, di cui uno bellissimo. Alla fine rischia persino la tripletta personale. E due gol al mondiale li aveva fatti in tutta la carriera. Poi una notte, brasiliana, fa dimenticare il fastidioso rumore delle “vuvuzela”.
E l’Olanda torna a sognare, aggrappata a Van Persie e Robben. Come se questo fosse solo l’inizio di un cammino interrotto quattro anni fa sul più bello. Manca tanto, sicuramente troppo, ma tra i mulini a vento si torna a respirare il profumo di quel sogno. Ah, e Robben stavolta, se dovesse servire, sa come si fa. Perché intanto la sua favola l’ha già scritta.