L’apoteosi del basket può essere un tiro che entra al suono della sirena, un’azione corale degli Spurs, un movimento di Kobe o un bambino che tira un libero non abbastanza forte che sfiora l’esterno della retina. Oppure, l’apoteosi del basket può essere la presentazione di un libro. Che si trasforma in una chiacchierata tra amici: chiaro, non tutti si conoscono. Altri sì, e bene. Ma una cosa li (ci) accomuna: l’amore per la palla a spicchi.

E così la presentazione del libro di Flavio Tranquillo “Altro tiro, altro giro, altro regalo” (presso gli ERRECI STUDIOS di via Sant’Eusebio a Milano) diventa occasione per conoscere un po’ meglio l’autore ma soprattutto è lo spunto per parlare di basket. Ci sono bambini, ragazzi, amici di vecchia data e colleghi di Flavio. E c’è anche Federico Buffa, che col suo cappotto nero non interverrà, ma che spesso viene chiamato indirettamente in causa.
Dopo le firme e le foto di rito, Flavio è conciso nel presentare il suo lavoro e ammette che “se è vero che le cose succedono per caso, da qualche doveva pur esserci scritto che mi sarei innamorato della pallacanestro. E che nel mio caso, essere un giocatore sfigato e poco dotato è stato il più grosso colpo di fortuna della mia vita”. Poi si parte con le domande: non una presentazione quindi ma un dialogo interattivo durante il quale Flavio risponde con la stessa naturalezza sia che a parlargli siano sconosciuti, sia che si tratti di amici. Ma il basket azzera le distanze.

Si toccano diversi argomenti. Dalle precedenti esperienze come allenatore e arbitro: “Fare l’arbitro aiuta a guardare le cose da un altro punto di vista e anche il disaccordo tra gli arbitri in realtà dimostra l’argomentabilità della pallacanestro. Come allenatore non sono io a dovermi giudicare, lascio agli altri questo onere”.

Per fortuna però la sua carriera ha preso la strada delle cuffie e del microfono: “Raccontare una partita di NBA oggi è certamente diverso rispetto a 10 anni fa, io stesso non mi riconoscerei ascoltandomi dopo tanto tempo, perché si evolve il basket e ci evolviamo noi. Però non riesco a pensare prima di una partita al modo in cui la commenterò: sarà come mi verrà. L’importante è essere imparziale. E per esserlo bisogna anche apparire imparziali. Perché non ci vuole nulla ad essere etichettato come un tifoso solo perché si è dato un parere che si riteneva giusto dare”.

Impossibile non prendere un aereo per gli USA e non parlare di NBA: “Il punto non è paragonare una lega come l’NBA all’Eurolega e non mi interessa molto. La pallacanestro è una e il bello del basket si può ammirare allo Staples come al palazzetto comunale dove si gioca la C2. In NBA ci sono 3-4 giocatori di un altro pianeta, una ventina scarsi e poi in mezzo c’è un gran calderone, dove gli italiani possono starci: anche Gentile, a patto che la sua fisicità riesca a sposarsi con la tecnica, perché giocare in NBA è un’incognita. E lo dimostra Bargnani: premesso che non sopporto i paragoni tra italiani in NBA, ritengo che come tutti abbia pregi e difetti, soltanto che in lui i difetti si sono amplificati perché è stato la prima scelta al suo Draft e perché il suo fisico non l’ha aiutato”. E a chi gli chiede se Silver (il commissioner dell’NBA, n.d.r) bilancerà Est e Ovest, caratterizzate attualmente da un dislivello di valori e di franchigie, lui risponde: “Silver non farà nulla di nulla, perché questo è un momento fisiologico che col tempo passerà”.

Lo stesso aereo ci riporta in Italia e alla fatica del movimento basket nel nostro paese: “Io non ho alcun tipo di ricetta per rilanciarlo, ammesso che ci sia un movimento e che debba essere rilanciato. Bisogna mettere in campo roba buona e per questo ci vogliono tanti soldi. E per avere tanti soldi bisogna investire in modo da ottenere un prodotto. Che se è buono, viene venduto. Oggi il prodotto basket in Italia non lo è, ma il punto è che viene anche vissuto male. Ecco, magari si potrebbe partire anche dal viverlo bene”.

< MICHAEL JEFFREY JORDAAAN > Quel tiro e quell’urlo sono entrati nella storia. Ma Flavio ammette che in quel momento non ne era consapevole: “Michael ci ha cambiato la vita, la mia l’ha addirittura “terremotata”. Senza di lui saremmo meno della metà qui, ma lo capiamo soltanto adesso”.

Ed è bello capirlo anche grazie a Flavio Tranquillo. Quel ragazzino che si innamorò di basket ricevendo un libro e la cui vita è stata permeata dalla pallacanestro. Ma chi è oggi e chi sarà domani Flavio Tranquillo?
“Io non mi vedo domani, né tra dieci anni. E forse è meglio così. O semplicemente, mi vedo ancora ossessionato da questo gioco. Ma questo non significa che sarò dentro un tunnel senza vedere altro. Anzi, sarà bello scorgersi e guardarsi intorno di tanto in tanto, per accorgersi del bello che c’è oltre”.