La realtà del mondo del gioco pubblico e dei casino online italiani autorizzati è questa, nuda e cruda: nessuno ufficialmente si proclama abolizionista, ma neppure osa sfidare mediaticamente questa “moda anti-proibizionista” che serpeggia tra intellettuali e politici che vogliono ergersi a tutori del desiderio di una parte di italiani benpensanti: quello di vedere il fenomeno gioco fuori dai territori nazionali. Questo è un dato di fatto cresciuto in questi ultimi tempi e che viaggia di pari passo con la proposta di riforma e di riordino del mondo del gioco d’azzardo pubblico.
Altro dato di fatto più che realistico sono le norme locali che gli Enti hanno messo in campo a tutela dei “propri territori”: si concretizzano in una sorta di espulsività dal territorio, oppure concentrandosi sugli orari di accensione delle apparecchiature, soluzione azzerante per le imprese che, per seguire questa specifica norma, non hanno più la possibilità di tenere aperte le attività poiché il tempo disponibile “per lavorare” non consente assolutamente di coprire le spese di supporto per la propria impresa. Senza dimenticare i “famigerati distanziometri”, anch’essi condizionanti per l’apertura di nuove sale da gioco.
La conseguenza di tutto questo è lo stand by generale in cui “vive e non vegeta” il mondo del gioco pubblico. Ogni partecipante “al gioco” vuole conservare il risultato delle proprie politiche: prelievo statale da un lato e progressiva eliminazione delle “macchinette” dall’altro. Nessuno sembra preoccuparsi delle conseguenze (ed anche gravi) che discenderanno da queste prese di posizione. Aumento delle tasse per tutti i cittadini, aumento dei problemi socio-sanitari se il gioco lecito non verrà distribuito in modo più omogeneo ed equo.
Chi si dimentica poi delle minacce di procedure di infrazione comunitaria? Questo senz’altro anestetizza le velleità del Governo di non dipendere dal gioco per “quadrare il suo bilancio”, e sino a quando l’economia nostrana non avrà raggiunto un aumento di PIL cosa non preventivabile… in questo secolo corrente! Forse, bisognerebbe cambiare approccio ed uscire dall’attuale pantano in cui il mondo del gioco si trova e dal continuo, quanto inutile, cambio di “scambi” per rispettare gli interessi di tutti che non sta portando e non porta a nulla di concretamente realizzabile.
Gli Enti Locali, quindi, che conoscono alla perfezione il proprio territorio, dichiarino quale sia il numero compatibile di apparecchiature da intrattenimento che possono esistere su quel determinato specifico territorio in base alla popolazione, distribuzione della densità abitativa, luoghi “veramente” sensibili: quante sale, quanti bar, quanti tabaccai e sopratutto con “quale dotazione di lotterie e scommesse” quel territorio può vivere “socialmente bene”. Posto questo, che si apra una mediazione che mantenga anche la previsione di un incasso erariale.
E poi che si veda con occhi “omogenei” tutto il mondo del gioco e dei casino online, si guardi alla pubblicità (argomento che non si vuole assolutamente affrontare seriamente e che si relega sempre come ultima questione) che rappresenta, invece, una delle attività di prevenzione sociale particolarmente finalizzata alla cultura del gioco. Cultura da insegnare agli italiani che devono comprendere (ed assimilare) che prima di giocare bisognerebbe occuparsi dei doveri quotidiani. Ma ci si renda anche conto che l’industria del gioco lecito è stanca di sentirsi dire che guadagnano troppo, quando il lavoro di questo settore gonfia solo le casse dell’Erario, mentre il gioco è sempre destinato ad assorbire “novità fiscali ed amministrative” ormai insostenibili per la maggior parte delle imprese.