Un fulmine a ciel sereno. La serata del 30 marzo di due anni fa sembrava una serata come tante altre: la primavera era arrivata ma il freddo pungente rimembrava ancora l’inverno appena passato. Stavo tornando a casa, quando vedo che mi era stato inviato un messaggio: è Francesco, mio caro amico e compagno di tante avventure calcistiche e non.

Poche parole ma glaciali, più fredde di quella maledetta serata: “Non c’è più Franco Mancini, l’ex portiere del Bari. È stato colpito da un malore“. Lì per lì onestamente stentavo a crederci, pensavo di vivere in un incubo ma purtroppo era tutto reale. A casa, ebbi la conferma: uno dei miei beniamini dell’infanzia era volato via, all’improvviso, lasciandomi scosso e impietrito.

Nel Bari della mia infanzia, Mancini è stato uno dei perni: portiere avventuroso ed estremamente efficace. Un uomo, prima che calciatore, capace di infondere i veri valori dello sport a prescindere dalle capacità tecniche che possono essere eccelse o meno. La curva festante che lo invoca, le parate sensazionali, le lacrime dopo una salvezza sudata a Venezia ed i momenti più difficili, come l’addio ai biancorossi. Non è un caso che mandati via lui e Garzya, due senatori, il Bari è mestamente retrocesso in serie B dopo quattro anni consecutivi in massima serie.

Mi pare ovvio che la squadra preferita di Franco fosse il Foggia. Con i dauni capeggiati da Zdenek Zeman è definitivamente esploso nel calcio che conta, una parte dello stadio “Pino Zaccheria” è giustamente dedicata a lui, che riuscì addirittura a fare un tunnel a Van Basten in un memorabile Foggia-Milan.

In quasi tutte le squadre in cui ha militato
, il giaguaro ha lasciato ottimi ricordi. È ricordato da tutti con affetto, senza alcun rancore. Per molti è difficile affezionarsi al ruolo di portiere perchè tutti vorrebbero dribblare, fare assist o segnare ma il gusto di togliere un pallone dal “sette” o di parare un calcio di rigore a fine partita dà qualche soddisfazione in più. Come detto, Franco Mancini non c’è più da due anni; indubbiamente ci manca il suo carattere gioviale e sincero. Quel carattere che gli ha permesso di sfondare e farsi sentire amato dai tifosi. Si possono avere tutte le qualità tecniche possibili ma se in campo come nella vita, non ci metti l’anima, tutto il resto è vano.

Questo è l’insegnamento che ci ha lasciato un piccolo grande campione che saltando tra i pali di una porta, ha aperto una breccia nel mio cuore di bambino appassionato di calcio.