Chris Froome vince il Tour de France per la quarta volta in carriera, la terza consecutiva. Malgrado lo smalto non fosse più quello degli anni passati e malgrado gli organizzatori avessero provato a proporre un percorso inedito, riducendo all’osso i chilometri a cronometro che tante volte lo hanno avvantaggiato, il Keniano bianco ce l’ha fatta e può ancora una volta salire sul gradino più alto del podio di Parigi ed ascoltare l’inno della Gran Bretagna.
Non aveva mai vinto in questa stagione e non ha mai ottenuto un successo nell’arco di queste tre settimane: ci riesce nel momento più importante, aggiudicandosi quella classifica generale frutto di una regolarità evidente e del lavoro di una squadra, il Team Sky, che ancora una volta ha mostrato la netta superiorità nei confronti di tutte le altre e ha scortato chilometro dopo chilometro il suo leader da Dusseldorf a Parigi.
A sancire la sua vittoria, la cronometro di Marsiglia. Al termine dei ventidue chilometri con partenza ed arrivo allo Stade Velodrome, comunque, è stato accolto in modo assai tiepido dai tifosi francesi, che mai gli perdoneranno di aver per due volte battuto il beniamino di casa Romain Bardet. Quest’ultimo, per la verità, nonostante il successo ottenuto a Peyragudes, non ha mai dato la sensazione di poter impensierire i suoi avversari e nella già citata prova contro il tempo ha dovuto temere anche per l’intero podio, dal momento che non soltanto un ritrovato Rigoberto Uran gli ha sfilato la seconda piazza, quanto un fantastico Mikel Landa ha rischiato di buttarlo giù dal podio (avrebbe potuto vincere il Tour, il basco, se solo non avesse dovuto obbedire agli ordini di scuderia).
Al quinto posto si piazza Fabio Aru, che ha sofferto nell’ultima settimana per una bronchite che l’ha costretto ad assumere antibiotici, ma ci ha regalato due settimane di altissimo livello: non solo ha conquistato il primo arrivo in salita a La Planche des Belles Filles il quinto giorno, ma è stato l’unico non britannico ad aver vestito la maglia gialla, portata per il resto dei giorni da Geraint Thomas e dallo stesso Froome.
La vittoria di Aru è l’unica italiana in quest’edizione della Grande Boucle. Qualche piazzamento, per il resto (come il secondo posto di Diego Ulissi a Le Puy-en-Velay), tanta forza di volontà e soprattutto tanti lavori di gregariato da parte di atleti costretti a scortare giornalmente i propri capitani.