Giovedì 11 settembre tutti gli articoli della Gazzetta dello Sport, del quotidiano, della rivista digitale e del sito internet, sono usciti senza la firma degli autori. Nel non firmare gli articoli, la redazione della Gazzetta dello Sport ha voluto manifestare ancora una volta il suo totale dissenso per una singolare scelta del gruppo editoriale Rcs MediaGroup: il lancio del brand Gazzabet.

Gazzabet è il nuovo portale che lega il mondo della Gazzetta a quello delle scommesse sportive, sviluppato in collaborazione con Playtech. Ed è proprio questa collaborazione che non va giù alla redazione della rosea, tanto da far partire la sua protesta, contro Gazzabet, sin dagli inizi del 2014. Hanno scritto comunicati, lanciato campagne social, scioperato, aperto una petizione online sul sito change.org facendo partecipare personaggi dello spettacolo e dello sport che come tutti noi, pensano che un giornale sportivo debba stare lontano dal mondo delle scommesse.

Ma tutto ciò è servito a poco, la crisi economica del quotidiano ha portato i dirigenti Rcs a vedere in Gazzabet l’unica via di uscita. E così giovedì c’è stato il lancio del sito di Gazzabet con la non firma di tutti gli articoli e un comunicato. Ecco il comunicato da parte del comitato di redazione:

Cari lettori,
alla fine il giorno di GazzaBet è arrivato. Oggi trovate le quote per scommettere con l’agenzia che associa il marchio della Gazzetta dello Sport al business del “betting”. Quello che non trovate, invece, sono le nostre firme su quotidiano, sito internet e digital edition: le abbiamo tolte dagli articoli come gesto di protesta, per ribadire con forza (e per l’ennesima volta) il nostro “no” a questa iniziativa. I motivi sono ormai noti a chi ha seguito la vicenda nei mesi passati: non intendiamo criminalizzare chi scommette né sostenere che la scelta di Rcs MediaGroup sia illegale, bensì preservare il nome del nostro glorioso giornale da operazioni che nulla hanno a che fare con la tradizione, i valori e la storia delle pagine rosa. Senza entrare nel merito della ludopatia, basterà ricordare nuovamente le questioni legate ai possibili conflitti d’interesse, visto che tra gli azionisti di Rcs ci sono alcuni proprietari di squadre di calcio (Juve, Fiorentina, Torino). Ma soprattutto, c’è in gioco la percezione che i lettori hanno della nostra indipendenza: la redazione non sarà mai coinvolta nella lavorazione degli spazi riservati a GazzaBet, ma anche il solo dubbio che un giornalista della Gazzetta dello Sport possa influenzare le quote con il suo lavoro, per quanto impossibile, è per noi un prezzo da pagare inaccettabile.
IL NOSTRO “NO” — Per tentare di far recedere Rcs dal suo intento, le abbiamo provate tutte: abbiamo scritto comunicati, distribuito volantini, rilanciato il nostro messaggio su radio, tv e social network, scioperato, ottenuto l’appoggio dell’Ordine e della Federazione nazionale dei giornalisti. E ci avete aiutati anche voi, firmando a migliaia una petizione online su change.org, insieme ai personaggi dello sport e dello spettacolo che vogliono una Gazzetta lontana da chi gestisce le scommesse. Non è bastato. La redazione si rende conto perfettamente del momento economico difficile e della crisi dell’editoria, ha già fatto sacrifici pesanti in termini di organico e di ricchezza dell’informazione (come la chiusura dell’edizione regionale della Campania). E sa che la Gazzetta dello Sport deve fare la sua parte nel piano di risanamento del gruppo. Ma il fatto che il conto economico del nostro giornale continui a produrre milioni di attivo a fine anno dovrebbe indurre l’editore a concentrare gli investimenti sul nostro “core business”, ovvero sulle notizie e sul modo di raccontarle, usando tutte le possibilità offerte dall’informazione che evolve (carta, web, tablet, smartphone). E a “scommettere” solo su questo, invece di cercare scorciatoie che danno soldi oggi, ma rischiano di compromettere il rapporto di fiducia tra la Gazzetta e il suo pubblico. Percependo anche un certo imbarazzo dell’editore nel presentarci l’operazione GazzaBet, abbiamo sperato a lungo in un lieto fine, una salutare marcia indietro. Invece niente: da oggi potete scommettere con un gestore che usa il nostro marchio, i nostri colori e i nostri caratteri grafici. Ma non nel nostro nome. Niente firme, nel giorno di GazzaBet.
Comitato di Redazione

Oggi lo stesso Comitato ha attuato un’altra forma di protesta comprando una pagina su Repubblica e scrivendo un pezzo dal titolo: “Gazzetta dello Sport, il rosa della vita e il rosso della rabbia“. Nel pezzo significativi i passaggi: “Associare il nome della Gazzetta dello Sport al business delle scommesse sportive, come Rcs MediaGroup ha fatto avviando l’operazione GazzaBet, allontana il nostro giornale da ciò che è sempre stato, perché rischia di incrinare la fiducia dei suoi lettori” e ancora: “La redazione, seppure non coinvolta nella lavorazione degli spazi riservati a GazzaBet, ha protestato in ogni modo, ma non è bastato. L’ennesimo ‘no’ lo dice con questa inserzione su Repubblica: l’unica scommessa che ci sentiamo di proporre è sulla nostra passione e professionalità.”

La riflessione è immediata, può un gruppo editoriale, con uno dei suoi giornali di punta, mettere a rischio la fiducia dei propri lettori per ottenere un guadagno economico nell’immediato? Può una strategia aziendale portare a buttarsi nel mondo delle scommesse quando il core business della Gazzetta dello Sport è sempre stato emozionare i lettori con titoli e articoli scritti sulle pagine con i fogli rosa?

Francamente la domanda è retorica. Ci auguriamo che la protesta del comitato di redazione dalla Gazzetta possa portare a qualche risultato. Ma non ci scommetterei troppo.