Venti lunghi anni di carriera da Catanzaro (sua città natale) a Catanzaro passando per Crotone, Terni, Messina, Ascoli e Modena. Tanta serie B, 4 anni di serie A e tantissime stagioni di serie C-Lega Pro. Stiamo parlando di Domenico Giampà, 38enne centrocampista del Catanzaro, uno dei giocatori più esperti della terza serie italiana che dall’alto della sua lunga carriera, illustrandoci il suo percorso ci porta in viaggio attraverso l’evoluzione (o l’involuzione?) del calcio italiano da metà degli anni ’90 ad oggi.

Da Catanzaro a Catanzaro, dopo 20 anni sei tornato a casa e sempre in serie C. Come è cambiata la terza serie da allora?
Il livello è senza dubbio calato, come del resto è calato anche in serie A e in tutto il movimento calcistico. Quello di oggi è un calcio diverso, se pensi alla Lega Pro e a squadre costriuite sugli under per potre usufruire dei contributi capisci cosa intendo. Le squadre prima erano molto più competitive, del resto se si pensa ai risultati del calcio italiano a livello internazionale negli anni ’90 e li si confronta a quelli di oggi, non c’è paragone. Ora però, si sta ripartendo e riprogrammando e credo che si potrà tornare a quei livelli.

Nella tua carriera hai avuto modo di giocare in molte piazze del sud ma anche a Como. Confermi il luogo comune che vuole il girone centro meridionale della Lega Pro come più difficile in assoluto?
La differenza maggiore sta negli ambienti, non certo nella competitività delle squadre. Nel girone meridionale ci sono stadi più caldi, un maggior numero di squadre blasonate, ed in assoluto maggiore calore della gente. Nel girone centro meridionale ci sono partite con 150-200 spettatori, cosa impossibile al sud. Il divario è proprio questo, il calore della gente, nulla di più.

Ripercorrendo la tua lunga carriera, che ti ha visto calcare anche i campi di serie A, quale consideri il compagno più forte con il quale hai giocato? E quale invece l’avversario più forte?
Se penso al compagno più forte, mi vengono in mente i nomi di Gaetano D’Agostino e Riccardo Zampagna. Per quel riguarda invece l’avversario dico senza dubbio Ibrahimovic. L’ho affrontato nel 2004-2005 al suo primo anno di serie A (35 presenze e 16 gol) con la Juventus ma era già davvero impressionate, un campione assoluto

In 20 anni di calcio hai vissuto tante gioie e delusioni, quale consideri la vittoria più bella? E quale la delusione maggiore?
Il punto più alto della mia carriera l’ho avuto con la vittoria della B a Messina, nel 2004 con susseguente serie promozione in serie A e 7mo posto nella stagione successiva. Devo però essere onesto e dirti che l’emozione più grande è stata la vittoria del campionato di serie C2 nel 2012 con la maglia del Catanzaro, squadra di cui sono tifoso. Venendo alla delusione più grande, beh dico senza dubbio la retrocessione dalla A alla B con la maglia dell’Ascoli nel 2006-2007 in un campionato che praticamente non abbiamo mai affrontato con la giusta testa.

Il 24 ottobre 2004, in Messina-Lecce il brutto impatto con i cartelloni pubblicitari del “S. Filippo” con conseguente taglio di 20cm della gamba. Fu un infortunio terribile, che ricordi hai?
Fu una cosa davvero strana, all’inizio non avevo nemmeno dolore poi mi guardai e avevo addirittura la gamba aperta e quello è stato proprio un brutto momento. Mi applicarono 147 punti di sutura e credevo di dover addirittura smettere ma per fortuna sono riuscito a riprendermi e a tornare in campo nel gennaio successivo.

In conclusione ti chiedo, hai vestito tante maglie e vissuto tante grandi stagioni, ma escludendo quella del Catanzaro che è la tua per antonomasia, qual è quella che ti è rimasta cucita addosso?
Devo dirti che ovunque sono stato ho avuto fortuna di vivere grossi campionati. Penso ai Modena, Messina, Terni, tutte le maglie che ho vestito mi hanno lasciato qualcosa. Ovviamente però come tu stesso hai detto, quella del Catanzaro è una maglia speciale, la mia maglia.