Il 27 Gennaio è il giorno della memoria, giorno in cui si commemorano i milioni di innocenti uccisi dal folle disegno nazista. Noi vogliamo ricordare anche a chi, in quelli anni bui, rischiò la propria vita per salvarne di altre. E se è vero che nei momenti difficili tiriamo fuori il meglio di noi stessi, è altrettanto vero che servono gli “attributi” per tirarlo fuori. Durante la guerra c’era un uomo che, tra Firenze ed Assisi pedalava per la libertà e la vita di molte persone, nascondendo nel telaio della sua bici foto e documenti falsi che hanno salvato molte persone dall’orrore della deportazione. Quell’uomo aveva gli attributi. Quell’uomo era un campione. Quell’uomo era un eroe. Quell’uomo era Gino Bartali.
Bartali, durante la guerra, entrò in un’organizzazione clandestina, la Delasem, che salvò più di 600 persone. Agiva da “corriere” percorrendo i 175 km che da Firenze portano ad Assisi completamente solo, con la scusa degli allenamenti, consapevole del rischio che correva. Ma Gino “il pio” era fatto così, amava aiutare gli altri e, cosa più fondamentale, amava non vantarsene. Infatti il figlio Andrea racconta che il padre nel narrare questa storia diceva sempre:“Ma questo Andrea, che non si sappia in giro”. Storie di vite salvate che sono emerse solo dopo la morte del Campione, come da sua volontà, e da allora la Fondazione Gino Bartali Onlus sta cercando di raccoglierle. Storie che grazie alle testimonianze di Giorgio Goldenberg e Giulia Donati, entrambi vivono in Israele oggi, hanno inserito Bartali nel Giardino dei Giusti tra le Nazioni, riconoscimento assegnato dallo “Yad Vashem” , il Museo della Shoà, a coloro che aiutarono gli ebrei durante le persecuzioni della seconda guerra mondiale. In particolare Goldenberg ha raccontato di come lui e la sua famiglia riuscirono a salvarsi perché rifugiati in una cantina di proprietà di Bartali in via del Bandino a Ponte A Ema (Fi) mentre Giulia Donati ha parlato del suo incontro con il campione che bussò a casa loro per consegnarli documenti falsi che le permisero di fuggire dall’Italia. Queste ed altre storie raccontano l’immensità di un uomo semplice e straordinario allo stesso tempo che accettò l’incarico affidatogli dall’Arcivescovo di Firenze, il Cardinale Elia Dalla Costa, senza pensarci su due volte, nascondendo il tutto anche alla moglie.
Prima di essere veri campioni bisogna essere veri uomini, e Gino lo era, eccome.