Ciclismo e Irlanda. C’è Pat McQuaid ex Presidente dell’Unione Ciclistica Internazionale che è stato un ciclista professionista e poi un direttore sportivo. C’è Daniel Martin, classe 1986, ancora fa male la caduta a pochi metri dal traguardo della Liegi di qualche settimana fa. C’è anche Sean Kelly, ex campione del mondo che ha vinto tre Lombardia, sette Parigi-Nizza, due Roubaix e due Milano-Sanremo. Ciclismo e Irlanda, in casa Saxo-Tinkoff c’è un figlio d’arte, Nicolas Roche figlio di Stephen Roche vincitore di un Giro d’Italia ed un Tour de France oltre che un Campionato del mondo.
Cieli d’Irlanda canta Fiorella Mannoia, verde Irlanda, verdi le casacche della nazionale, verdi i prati sterminati che ha attraversato la Corsa rosa oggi. Un verde forte che rispecchia un profondo spirito nazionale. Quel verde forte che in questi giorni si è colorato di rosa, come se il Giro fosse cosa loro lo hanno accolto con immensa gioia, fiumi di pubblico, vetrine rosa, striscioni rosa, servizio d’ordine pubblico con casacche e cappellini rosa, motoscafi rosa. La verde Irlanda si è vestita di rosa per onorare il Giro d’Italia, la corsa più bella del mondo che sconfina, anche quest’anno.
Triste e mercenaria la causa primaria di tutto questo, ancor più tristi le conseguenze per il Belpaese. La causa sono i soldi, il dio denaro, per l’Irlanda si chiama pubblicità, per gli organizzatori del Giro si chiamano “quattrini”. Le conseguenze le pagano le regioni italiane escluse dal passaggio del Giro d’Italia, regioni che tanto per cambiare sono al sud dove la tradizione ciclistica dicono non ci sia e di certo non la si aiuta boicottando quelle zone, ancora una volta.
Tornando in Irlanda e tornando alla corsa c’è da riflettere sull’apprezzamento dimostrato dagli irlandesi, su quanto hanno fatto per il Giro d’Italia, sul calore e le manifestazioni d’affetto elargite alla carovana. C’è da riflettere perché nonostante i nomi e le vittorie elencate siamo di fronte ad una nazione che non ha una forte tradizione ciclistica, molto più seguito ha il calcio ed ancor più il rugby. Non siamo in Francia o in Belgio dove il ciclismo è lo sport più seguito eppure ci sono fiumi di spettatori e l’accoglienza degna di un evento mondiale. L’impressione è che, ancora una volta, all’estero apprezzino e capiscano molto meglio di noi il valore del made in Italy, “la corsa più bella del mondo nel paese più bello del mondo” che se ne va all’estero (per l’ennesima volta), per ben tre tappe, un po’ come le grandi industrie che delocalizzano gli stabilimenti. Abbiamo tanto da imparare dagli irlandesi, abbiamo tanto da imparare dal loro spirito nazionalista.