Adesso si fa sul serio. L’Italia di Conte vede diramarsi il polverone mediatico sollevato dalle novità e da un debutto coi fiocchi per andare ad Oslo a giocarsi la prima partita delle qualificazioni agli Europei del 2016. Sembra passato un secolo da quel pomeriggio brasiliano in cui la sconfitta contro l’Uruguay decretò l’eliminazione degli azzurri dal mondiale, eppure non sono passati nemmeno 3 mesi. Giorni intensi, carichi di novità e di speranze. I giorni della rivoluzione. Di quella apparente, che c’è stata, e di quella profonda, che ancora una volta è mancata. Dall’elezione di Tavecchio all’arrivo di Conte, passando per la presenza costante e ansiosa del presidente della Lazio Lotito, in una veste perlomeno insolita.
E ora si fa sul serio. Senza l’entusiasmo di un San Nicola stracolmo di gente, che dimostra quanto il profondo Sud abbia fame di un calcio che vede però sempre più lontano. E senza la sicurezza che ti può dare il giocare una partita amichevole, dove non ci sono punti preziosi in palio. Conte ci mette del suo: ancora fuori Balotelli, dentro Immobile e Zaza, premiati per l’ottima partita contro gli Orange. Noi, italiani, siamo quasi abituati alle prestazioni sotto tono contro le nazionali che non presentano in formazione grandi nomi. Quasi come se fosse normale sottovalutare avversari che poi, però, danneggiano il tuo ranking, ti escludono dalle teste di serie di una grande competizione, e te la pregiudicano. Eravamo anche abituati a far bene nei grandi eventi, ma eccezion fatta per l’europeo 2012 sembra un’abitudine persa. Perché troppo spesso ci dimentichiamo che quei venerdì e martedì che interrompono la routine di campionato e coppe in realtà servono a creare il substrato del sogno che si realizzerà (o meno) nelle Estati caldissime.
E allora si riparte da una fredda serata di un martedì sera ad Oslo. E da qualche bella speranza. Da Immobile, Zaza, Florenzi, Parolo, e da un allenatore che sembra aver convinto proprio tutti. Ogni tassello al posto giusto. Tranne uno, però, che per il momento sembra non combaciare con tutti gli altri, pur rimanendo nel silenzio di una parlata abruzzese per ora evitata. Quel Marco Verratti che fu l’unica nota positiva di un mondiale disastroso. Siederà in panchina, così come ha fatto contro l’Olanda. Pare che non ci sia posto in questa Italia per uno come lui. Nemmeno dopo l’arrivo di Tavecchio, Lotito e Conte. Nemmeno lui riesce a trovare collocazione a Marco Verratti. Uno che con i piedi sa fare quello che vuole, e che magari quella maglia l’aveva anche conquistata qualche mese fa, nell’afa brasiliana. Troppo lontana da una giornata norvegese. Almeno questo è l’augurio.