C’è una frase nel tunnel che porta la Juventus in campo allo Stadium. Anzi, ce ne sono diverse. Ma l’ultima, quella che leggi prima di creare melodia con i tacchetti sugli scalini che ti porteranno in campo, è di Edgar Davids. E recita così: “Con la Juventus ho imparato a vincere. Non so come è successo, è qualcosa che si respira nell’aria dello spogliatoio, sono concetti che vengono tramandati da giocatore in giocatore, è il sentimento che ti trasmettono milioni di tifosi e non c’è club nel mondo che ti faccia lo stesso effetto”.
E lui l’aria di quello spogliatoio l’ha respirata per diversi anni. Ma prima aveva respirato quella dell’Ajax. La sua storia calcistica inizia lì, ad Amsterdam. Per lui che infondo non era nemmeno olandese di nascita. Era nato nel ’72 quando ancora il Suriname era una colonia olandese. Di lì a 3 anni avrebbe ottenuto l’indipendenza. Era nato a cavallo di due mondi ancora distanti, quello coloniale e quello della madre patria. Quello che prevedeva che un paese fosse assoggettato ad un altro e quello che avrebbe riscritto il diritto dell’uomo tra gli anni ’70 e ’80. Ma la storia calcistica di Davids inizia ad Amsterdam.
E lì gli viene appiccato addosso come una seconda pelle il soprannome di “Pitbull”. Per l’aggressività, spiegherà poi Louis van Gaal. Era l’Ajax che nei primi anni ’90 faceva paura alle grandi europee. Vinse la Champions nel 1995 e nel 1996 perse in finale, a Roma contro la Juventus. Davids era con i lancieri e sbagliò il primo rigore nella lotteria finale. La sentenza Bossman gli permette di arrivare al Milan. A parametro zero. Quando non era ancora la norma per la squadra rossonera. Ma un’eccezione.
Ma le cose non vanno bene. Gioca poco, e male. Nel ’97 passa alla Juventus per 9 miliardi di Lire. E rinasce. Durante l’esperienza bianconera avrà un problema agli occhi: il glaucoma, che lo obbligherà a giocare con un paio di occhiali spessi. Spesso arancioni. E rendevano lo sguardo di Davids quasi più cattivo. Lui, che era cattivo già di per sé e che a metà campo si faceva rispettare tra i tackle e la personalità messa in campo. Fu uno dei simboli di quella Juve, allenata da Lippi e da Ancelotti. Gli rimarrà il cruccio di non aver vinto la Champions con quella maglia che ha amato e onorato, ma perse due finali contro Real Madrid e Milan.
Poi un litigio con Lippi lo porta a Barcellona. E inizia un declino consumatosi tra Inter, Tottenham e nuovamente Ajax. E la soddisfazione di aver giocato, per tre volte, con la maglia del Suriname. Quella che la maggiorparte di noi non sa nemmeno che colori abbia. Ma oggi Davids, ormai ex calciatore, compie 42 anni. Un simbolo del calcio degli anni ’90, della Juventus e dell’Ajax come grandi d’Europa. E di un calciatore con gli occhiali che faceva paura. Tanta paura. Buon compleanno.