Dici Juventus-Real Madrid e pensi agli anni ’90, e ad una partita diventata con il tempo una classica del calcio moderno. Dici Juventus-Real Madrid e la mente si affolla di ricordi, sparsi negli anni, che non trovano un ordine né cronologico né razionale. Dalla finale persa ad Amsterdam con gol di Mihaijtovic, alle semifinali del 2003, con “la partita perfetta” della Juventus. Una storia infarcita di esultanze e di lacrime. Flash che vedono Di Vaio a fine partita abbracciare Pavel Nedved, in lacrime per un giallo rimediato per un fallo stupido a metà campo contro i galacticos che gli avrebbe fatto saltare la finale di Manchester. In una sera nella quale la Juventus fece il Real Madrid, e il Real Madrid dovette rimanere a guardare. Nonostante una squadra stellare, come sempre.
Già, perché il Real Madrid è quella squadra nella quale ogni ragazzino che gioca con un pallone per strada sognerebbe di giocare almeno una volta nella vita. Poi ci riescono in pochissimi, ma il sogno rimane. L’ho sentito sulla spiaggia, tanti anni fa, da un ragazzino che palleggiava sul bagnasciuga con un SuperSantos: “Quando diventerò calciatore chiuderò la carriera nel Real Madrid”. E credo ancora oggi che non ci sia modo diverso di descrivere il Real Madrid. Indipendentemente dai trofei (tanti) e dal fascino (irresistibile).
Juve, hai pescato bene. Perché comunque vada tornerai a vivere delle emozioni che ti mancavano da tanto tempo, probabilmente troppo. E perché vai con 10 Euro da chi ne ha 1.000, ma non può spaventarti. Una vecchia voce di corridoio del calcio europeo dice che in Champions dalle semifinali in poi può succedere di tutto. E di solito succede. Semmai servisse un motivo per crederci basta guardare le ultime edizioni: dall’Inter che passò contro il Barcellona più forte di sempre all’Atletico Madrid che l’anno scorso ha trionfato sul Chelsea di Mourinho. Ci sono partite che non hanno una logica, né tattica né tecnica. E forse sono belle proprio per questo. Juve-Real probabilmente è una di queste. E ha il fascino di una sfida che lo Juventus Stadium non ha ancora vissuto. Riporta i bianconeri all’interno di una dimensione talmente ampia e importante che le esultanze del Real (e dei giornali spagnoli, soprattutto) sono irrilevanti. Almeno per ora.
Perché quando dici Juve-Real Madrid ripensi alle lacrime di Nedved ma anche al suo gol sotto la Sud del Delle Alpi, con conseguente esultanza in ginocchio. Ad un gol di Zalayeta ai supplementari agli ottavi di Champions del 2005, e all’inchino del Bernabeu, il tempio del calcio, ad un mostro sacro come Alex Del Piero. E ai gol dello stesso Del Piero. Uno che sarebbe da tesserare solo per due partite, indipendentemente da età e condizione fisica. E poi pensi ad una sfida che è sempre stata questa: una sorta di mission impossible. Perché nella storia del calcio il Real Madrid raramente è partito da sfavorito, per prestigio e potenza economica. Ma non ha vinto sempre. E se pensi a Juve-Real Madrid pensi che i sogni si avverano. E i sogni sono di chi può permetterseli, comunque vada.