La questione tifo, in Italia, si è relativamente trasformata in un problema di difficile soluzione. C’è chi pensa che gli ultras, ossia la parte più calda di ogni singola curva, sia il male del calcio nostrano, ricco di ben altri grattacapi creati “ad arte” da qualche personaggio dei “piani alti” che evidentemente non ha a cuore le sorti di un pallone di cuoio e la passione di ogni singolo sostenitore. Se ci addentriamo nelle tante curve, nelle varie tifoserie organizzate, si sente sillabare la parola “gemellaggio”. Sullo Zanichelli si legge “ Gemellaggio: Apparentamento ideale tra due città, due società sportive, due scuole, ecc”. Tutto chiaro, è una sorta di amicizia, legame simbolico per favorire relazione umane, culturali tra i soggetti che formano questa “associazione”. Pace, quindi, senza nessuna scaramuccia, violenza tra due opposte fazioni che tifano squadre diverse.
Tutto giusto, ci mancherebbe, ma delle domande sorgono spontanee: chi decide questo gemellaggio? Perché i liberi tifosi, quelli non appartenenti alla categoria ultras, devono determinare se quello o quell’altro possono essere “amici”? Non possono, per esempio, provare stima per dei supporter di un’altra compagine? In Italia, anche il gemellaggio si è tramutato in un’imposizione. E’ come se l’anziana signora 70enne andasse al reparto salumeria per ordinare un etto di mortadella e invece, per un ordine, esce dal supermercato con tre etti di prosciutto cotto imposti dal salumiere di fiducia. Il calcio è gioia, felicità, dove un bambino deve poter camminare per la strada con la maglia del suo idolo, nonostante quest’ultimo, magari, giochi con la squadra arcirivale della città natale del ragazzino innocente, che vede la sfera come un banale oggetto da insaccare in rete.
Ecco perché crediamo che i gemellaggi, nonostante facciano parte di ogni sport e aggreghino tante persone con pace e amore, non hanno più senso. I falsi moralisti ci sono anche lì dentro, si nascondono in quelle “amicizie” per tramare chissà che cosa, non facendo modificare la mentalità a un calcio malato pieno zeppo di ipocrisia, al quale andrebbe staccata la spina per una rifondazione totale.