Sveglia, Inter. C’è bisogno di darsi una mossa, prima che i punti di distacco dal terzo posto (attualmente nove) diventino troppi. Per rinascere come società serve la qualificazione alla Champions League: è il trampolino di lancio economico e sportivo per tornare ad ambire a trofei che negli anni 2000 sono passati tante volte dalla Pinetina. Ma qualcosa si è rotto.
E forse non è colpa dell’allenatore. O meglio: degli allenatori. Ieri Roberto Mancini ha collezionato la seconda sconfitta consecutiva, e in tre partite non è ancora riuscito a vincere. L’alibi della forza degli avversari regge ormai molto poco, e probabilmente a Stramaccioni sarà venuto in mente quell’Inter-Udinese di un paio di anni fa nel quale era dall’altra parte. E l’Udinese umiliava l’Inter a San Siro, anche più di ieri.
Stramaccioni è l’esempio lampante di come fare bene in questa Inter è difficilissimo. E lo sarà anche per Mancini, uno che con la sciarpa nerazzurra al collo ha vinto anche più scudetti di fila, in tempi diversi. Perché se l’ambiente è marcio anche un buon allenatore può fare poco. E l’impressione è che l’ambiente nerazzurro sia pieno di problemi. Nonostante la proprietà cambiata e l’addio a Branca le cose sembrano non cambiare. E Mancini corre il rischio di farsi risucchiare in un vortice al quale non è certo di potersi opporre.
Un ambiente fragile, ormai allo sbando e incapace di reagire, potrà mietere altre vittime. Senza una spiegazione razionale. Perché se è vero che questa Inter è lontana anni luce da quella che vinceva è anche vero che attualmente squadre come Sassuolo e Palermo sono più in alto in classifica dell’Inter. I nerazzurri se contassimo la classifica parziale delle ultime cinque giornate sarebbero addirittura ultimi, fermi a due punti (due pareggi). Sembra quasi che quella vecchia storia dell’allenatore inadatto non regga più. Perché forse le radici del problema sono un po’ più profonde, e Mancini magari lo sa.