Era inevitabile e per certi versi è stato anche tardivo: Giampiero Ventura non è più l’allenatore della nazionale italiana di calcio. Una scelta obbligata, quella esercitata dalla FIGC dopo la disastrosa mancata qualificazione ai prossimi Mondiali di Russia 2018, una scelta che non toglie tante ombre sulla tempestività con cui essa è arrivata.

Dopo il triplice fischio che ha sancito l’estromissione dell’Italia dalla manifestazione iridata, occorreva che qualcuno ci mettesse la faccia. L’hanno fatto soltanto i veterani Gigi Buffon, Andrea Barzagli e Daniele De Rossi, ma non chi negli ultimi due anni ha guidato la squadra. Ventura sarà ricordato in negativo per aver toccato il fondo dopo sessanta anni, eppure non ha scelto di dimettersi, attendendo di essere esonerato dalla federazione.

Per di più, il tecnico genovese ha dichiarato alle Iene di essere stato tra i migliori allenatori degli ultimi quarant’anni, stando alla media punti. Certo, come se le vittorie non si pesassero e una non qualificazione a un Mondiale per una nazionale quattro volte campione del mondo fosse cosa da poco. Non l’ha fatto perché avrebbe perso lo stipendio da qui a giugno, ma non poteva evitare la bocciatura dal numero uno Carlo Tavecchio, che gli ha dato il benservito.

Quest’ultimo, però, non vuole mollare, e dopo il mancato coraggio a rilasciare dichiarazioni dopo la cocente sconfitta, ha atteso 48 ore per convocare il vertice federale, al termine del quale ha fatto sapere di voler restare alla guida della federazione per riformare il calcio italiano. L’assocalciatori, ad ogni modo, chiede elezioni immediate, nonostante Tavecchio voglia giocarsi una carta importante per meritarsi la conferma: è quella di Carlo Ancelotti come successore di Ventura, coadiuvato magari da Paolo Maldini al suo fianco.

Giorni di fuoco per la nazionale italiana, ma stavolta la rivoluzione è inevitabile.