Italia–Inghilterra rievoca innumerevoli storie e, per alcuni tratti, significa tuffarsi in un’avventura che esula dal verde rettangolo d’erba. Due mondi diversi, due filosofie di gioco, di tradizioni spesso agli antipodi che si mescolano in un intreccio di politica, economia e società. La sfida di sabato all’Arena Amazônia di Manaus sarà solo l’ultimo tassello di un mosaico che racconta una rivalità secolare, tra gli inventori del giuoco del calcio, loro malgrado poco vincenti, e chi ha coniugato il verbo del pallone in salsa mediterranea, chi di trofei alzati se ne intende eccome.
Il primo incontro ufficiale tra le due nazionali risale al lontano 1933, quando allo Stadio Nazionale di Roma si affrontarono davanti a 50.000 spettatori (incluso Benito Mussolini) gli azzurri di Vittorio Pozzo e i bianchi d’Oltremanica guidati da Herbert Chapman, l’inventore del “Sistema” (terzini bloccati, due stopper e tre centrali per marcare gli avanti avversari). La partita finirà 1-1, dopo il vantaggio italiano con Ferrari, sarà Bastin in sospetto fuorigioco a siglare il pareggio inglese.
L’anno seguente gli Inglesi invitano la nazionale azzurra appena laureatasi campione del mondo a casa loro, nel salotto di Highbury. Se l’Old Trafford è la Scala del calcio britannico e Wembley il teatro, Highbury ne è certamente il salotto raffinato con le sue tribune in stile decò. Una location prestigiosa per una partita che passerà alla Storia come la serata dei “Leoni di Highbury”. Trasformare una sconfitta in un fulgido momento di gloria è forse uno di quegli sport dove noi Italiani siamo davvero maestri, ma da quella plumbea giornata londinese emerse la leggenda di una squadra mai doma, che dopo aver incassato tre reti in 12 minuti (doppietta di Brook e terzo sigillo inglese di Drake) riuscì a reagire in maniera superba nel secondo tempo. Ferraris ed Orsi si presero sulle spalle i compagni, la difesa si trasformò in un muro invalicabile davanti l’estremo Cerescioli e la classe di Giuseppe Meazza illuminò la platea di Highbury squarciando la nebbia londinese. L’Italia alla fine sarà costretta ad arrendersi per 3-2 sfiorando più volte il pareggio con Orsi, ma l’eco di quell’impresa sfiorata risuonerà a lungo nella mente degli sportivi italiani, anche e soprattutto grazie all’appassionata radiocronaca di Nicolò Carosio.
Una delle pagine più tristi (ahimè per noi) di questa sana rivalità è sicuramente l’amichevole del 1948 disputata a Torino, dove gli Inglesi stravinsero per 4-0 su una nazionale costruita ad immagine e somiglianza del Grande Torino. Quel giorno passerà alla storia per il “goal alla Mortensen”, e crollò il mito d’invincibilità del ciclo di Vittorio Pozzo. I bianchi d’Inghilterra dominarono in lungo e in largo la nostra nazionale e l’emblema della serata fu la rete siglata dall’esterno inglese che segnò con un fortunoso cross dalla fascia che assunse una traiettoria così beffarda da sorprendere l’estremo italiano Bagicalupo e spalancare la strada della vittoria agli Inglesi.
Il 1973 è l’anno del doppio confronto per la nazionale di Ferruccio Valcareggi, a giugno al Comunale di Torino e a novembre nel tempio di Wembley, Londra. L’Italia uscirà da quella doppia sfida con due vittorie: il 2-0 in casa (con reti di Anastasi e Capello) e soprattutto la storica e definitiva consacrazione sui rivali d’Oltremanica con il goal di Fabio Capello all’86’ in quella che fu una vera e propria battaglia sportiva. Era l’Italia dell’estro di Gigi Riva e della classe di Gianni Rivera, della solidità dei “senatori” Facchetti e Burgnich, della forza di Chinaglia e del cuore di Capello e Causio. Il “Leone” inglese dovette arrendersi alla superiorità italiana: i Maestri finalmente battuti a casa loro.
Passano solo tre anni per l’occasione della rivincita, e questa volta in palio non c’è l’onore e la gloria di un’amichevole, ma un posto per il Mondiale del 1978 che si disputerà in Argentina. Nel gruppo 2 ci si gioca il primo posto proprio tra Italia ed Inghilterra in un doppio confronto da brivido. Gran parte della qualificazione verrà decisa nella gara d’andata giocata in uno Stadio Olimpico stracolmo all’inverosimile con 76.000 spettatori. Gli Inglesi ci aspettano arroccati in difesa con una formazione molto fisica che soffoca la manovra azzurra. Il piano tattico del loro commissario Don Revie, però, crolla con l’autorete di Kevin Keegan alla metà del primo tempo che obbliga i bianchi d’Oltremanica a scoprirsi per cercare il pareggio. Sbandano, ma restano in partita fino a quando, ad un quarto d’ora dal termine, il goal di Bettega su un sontuoso cross di Franco Causio pone la pietra tombale sulla qualificazione.
Seguiranno molte altre amichevoli insieme ad alcuni incroci da brivido tra le due rappresentative. Storica è l’affermazione italiana (ancora una volta a Wembley) nel 1997, valida per le qualificazioni al mondiale di Francia’98, grazie alla rete firmata da Gianfranco Zola, uno che da quelle parti conoscono molto bene.
L’ultimo incontro ufficiale è stato il quarto di finale di Euro 2012, dove gli azzurri di Cesare Prandelli hanno trionfato dopo la lotteria dei calci di rigore in una partita maschia e tirata, terminata 0-0 dopo i tempi supplementari. In totale, le statistiche premiano gli azzurri che con 10 successi in 24 incontri (tra amichevoli e sfide ufficiali) sono nettamente davanti ai leoni d’Albione vittoriosi per 7 volte nella loro storia, stesso numero delle sfide terminate in pareggio.