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Per tanti tifosi delle due squadre non è una partita. È la partita. È uno scontro con il rivale di sempre, con l’avversario più odiato. Con quello con cui non dividi una città, e nemmeno una nazione, ma che vuoi battere ad ogni costo. Perché a volte una partita così i tifosi la ricordano anche a distanza di anni. E ne sa qualcosa Stramaccioni.

Ma non solo lui. La storia recente di Juventus-Inter è l’apologia dello scontro tra le due squadre. Se la partita è sentita da sempre, probabilmente da quando è nato il calcio italiano, nel dopo calciopoli è diventata qualcosa in più di una partita. La battaglia contro chi “rubava” per la fazione nerazzurra, e l’eterna e insaziabile vendetta del popolo bianconero contro chi ha indossato uno scudetto che qualche mese prima era stato festeggiato dalla Juventus. Ma quel processo, giusto o sbagliato che sia stato, ha cambiato profondamente le dinamiche del calcio italiano nell’ultima parte del primo decennio del 2000. La Juve dopo un anno di B ha faticato parecchio per tornare a vincere qualcosa, e c’è riuscita dopo 5 anni. L’Inter nel frattempo vinceva tutto. Tanti scudetti di fila, senza dirne il numero per non scontentare nessuno. E una Champions League, aspettata, sognata, desiderata per tanti anni. Troppi. E l’hanno resa ancora più bella.

Ma Juventus-Inter prescinde ogni logica calcistica, tattica e tecnica che sia. Juventus-Inter è un mondo a parte. Un mondo di colori, a tinte forti. Dove non sempre, però, vincono i più forti. La Juventus batteva l’Inter nell’anno in cui i nerazzurri di Mourinho andarono a vincere tutto quello che si poteva vincere. E lo fecero con un gol di Felipe Melo, meteora, e uno di Claudio Marchisio, all’epoca matricola. Era il 2009-2010 e al ritorno l’Inter ebbe vita più o meno facile contro una squadra che era ormai in crisi profonda.

E di storie così, nel post calciopoli ce ne sono tante. Chi è più forte deve tremare. Da quella prima volta che le due squadre si trovarono di fronte nel 2007 dopo l’ormai storico processo del calcio italiano. Tremò l’Olimpico di Torino: i gradoni del vecchio Comunale vibravano. Era la partita che la Juve aspettava da una vita. Ed era per l’Inter la possibilità vera e reale di dimostrare che quei successi erano meritati, che era più forte. Lo dimostrò, ampiamente, nel corso di diversi campionati consecutivi. Non negli scontri diretti di quell’anno però. Pareggiarono all’andata, e vinse la Juve al ritorno, con un gol di Camoranesi in off-side.

Juventus-Inter ha ragioni che la ragione non conosce, per dirla storpiando il pensiero di Pascal. Sono quelle ragioni che portarono uno come Boumsong a segnare in Coppa Italia a San Siro, il giorno prima di lasciare la Juve. E probabilmente sono le stesse ragioni che portarono l’Inter allenata da Stramaccioni a perdere tante partite, così tante che il tecnico a fine stagione fu esonerato, ma a vincere a Torino contro la Juventus. Quella stessa Juventus che non perdeva da 52 partite e che in casa propria, allo Juventus Stadium, non aveva mai perso contro nessuno.

Perché Juventus-Inter non è una partita di calcio. Forse è la partita. E c’è chi pensa, sbagliando, che Juventus-Inter sia una cosa seria, e magari anche poetica. Juventus-Inter è molto di più.