Da tre giorni non si parla d’altro che del fuorigioco, o presunto tale, di Carlos Tevez che ha sbloccato il risultato nella partita Juventus–Milan di sabato 7 febbraio. Questa volta anche le terze parti, quelle solitamente imparziali come le regie e i broadcaster, sono state tirate in ballo in un vortice di polemiche senza scampo che si riversano in qualsiasi talk-show o format di approfondimento sportivo ormai da più di 72 ore.

E’ che noi italiani siamo così, ci piace litigare, stuzzicarci e soprattutto contestare credendo sempre di far meglio degli altri, e per questo andremmo ammirati a dire il vero, poiché nessuno ha la nostra stessa pazienza nel fare l’autopsia di una notizia generica o una decisione arbitrale nello specifico e perché no, anche sul tipo di inquadratura di un replay, fin quando non inizia una nuova partita e allora tutto si supera, o meglio ne comincia un’altra. Anche perché, mentre stiamo qui a discutere a voce alta, sul fuorigioco di una partita ormai largamente archiviata, all’estero tutti ci superano, vincono la Champions League e anche quando sono ultimi in classifica, mica fanno questo fracasso. Magari sarebbe il caso di concludere questa guerra dei poveri, ed iniziare a riflettere su quello che il calcio italiano vale in questo momento.

D’altronde l’episodio di Juve-Milan pare così ovvio: il gol è regolare. E l’inquadratura incriminata con cui l’account Twitter del Milan ha ufficialmente mosso una forte contestazione alla Juventus -dopo l’espressione visibilmente irritata di Adriano Galliani in seguito alla visione del replay sul cellulare del figlio Gianluca- e soprattutto alle parti terze addette alle riprese che abbiamo citato prima, era solo un problema di prospettiva.

E’ vero che dopo Calciopoli la fiducia verso qualsiasi tipo di istituzione pubblica e non, sia drasticamente diminuita, ma dubitare della professionalità degli addetti ai lavori, sottraendo dall’equazione la cattiva gestione della squadra, ci fa pensare che se siamo così indietro in Europa qualche motivo c’è. Saltiamo la fase in cui le società portano avanti il battibecco tramite comunicati ufficiali, dove gli addetti stampa hanno avuto la possibilità di mettere in mostra le proprie abilità attaccabrighe e impieghiamo tempo ed energie in un altro modo, iniziamo ad occuparci di campo e non sempre di “calcio parlato”, guarda caso un termine coniato proprio qui, nella nostra amata Italia.